martedì 13 marzo 2018

Omelia 11 marzo 2018


Quarta domenica di quaresima

A qualcuno sono parse fuori posto le parole del parroco di Latina che in occasione del funerale delle due bambine uccise dal loro padre ha invitato a ricordare anche l’uomo assassino e suicida. Un borbottio anche in chiesa, segno di una difficoltà a inoltrarsi su una strada umanamente poco praticabile. Ma i cristiani non misurano la verità della fede con la loro capacità di capire, ma con il vangelo in mano, possibilmente …aperto. E il vangelo ci guida talvolta su strade impervie e poco agevoli, consegnandoci però la persuasione che solo su questi camminamenti vi è la possibilità di una vita differente. Perché il nostro Dio è proprio così: differente. Differente dalle nostre schematizzazioni, dalle nostre sintesi, qualche volta anche da quelli che ci sembrano dei buoni consigli.

È quello che capisce Nicodemo, quest’uomo che si reca da Gesù per capire qualcosa in più di lui e del suo messaggio. Un personaggio importante: un fariseo interprete autorevole della Legge e membro del sinedrio, il potentissimo tribunale ebraico. Un uomo che di Dio ha un’idea ben chiara, approfondita dagli studi e regolata dalle norme ma che non si accontenta di quel che ha già capito e cerca qualcosa in più, cerca luce nella notte.

E Gesù guida Nicodemo – anche quello che si nasconde dentro di noi – ad aprire nuove prospettive. Che idea hai di Dio e del suo messaggio?

1.    Dio ha tanto amato il mondo. Ecco il primo squarcio sul mondo di Dio: l’amore. Dio non è un codice di procedura ma esperienza di gratuità, di gioia, di fedeltà. Un amore che non rimane prigioniero delle relazioni divine, ma che si diffonde tra gli uomini, ovunque ci sia un cuore che gli faccia spazio. È vero che nei vangeli il termine mondo ha una doppia accezione: una fortemente positiva, segnata dalla fiducia, una polemica dove il mondo è il luogo dell’opposizione a Dio. Mi chiedo se talvolta non ci siamo concentrati sulla seconda, a scapito della prima. E abbiamo smesso di amare il mondo, contrariamente a quanto fa Dio che è un inguaribile ottimista. Ha destato molta emozione la morte del capitano della Fiorentina Davide Astori, improvvisamente scomparso. Ma il calcio in questo caso ci ha riservato scene belle, alle quali non eravamo più abituati. La sospensione del campionato contro quella logica del the show must go on che a volte ha prevalso. E poi l’arrivo a Firenze di una squadra avversaria come la Juventus, accolta dagli applausi, come raramente si vede in uno stadio. Mi pare un segno bello, anche per le giovani generazioni. Non perdere di vista il mondo, non imprigionarlo in giudizi senza appello, scorgere il bene, allearsi nella speranza: Dio ha tanto amato il mondo.

2.    Dio non ha mandato suo figlio per condannare, ma per salvare il mondo. Ecco un altro tratto dell’identità divina: non giudizi e condanne ma salvezza. Lasciati raggiungere dalla misericordia divina. Diventa artefice di recuperabilità, di riscatto. È un punto importante che sta portando anche la chiesa a rivedere alcune sue prassi. E c’è il rischio di qualche incomprensione tra i credenti: quella persona può fare da padrino? Quella coppia messa insieme in maniera non chiara dopo un precedente matrimonio, può accostarsi ai sacramenti? Dice Papa Francesco: Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa. Su questo orizzonte, il papa ci invita al discernimento. Da un lato  vuol dire lasciarsi aiutare a rileggere la propria vita secondo il vangelo, evitando legittimazioni troppo facili. È importante riconoscere anche con umiltà gli sbagli, l’incoerenza, la ribellione. Dall’altro però vuol dire, per chi osserva dall’esterno, concedere la possibilità che vi siano criteri di giudizio che a volte ci sfuggono e che hanno a che fare con la coscienza e il cammino delle persone. Un antico adagio latino dice: in dubio pro reo. E allora spegni l’entusiasmo della crociata: Non per condannare, ma per salvare.

3.    Così bisogna che sia innalzato il proprio figlio perché chi crede in lui abbia la vita eterna. Ecco il terzo orizzonte che Gesù apre a Nicodemo: la vita eterna. Nel vangelo di Giovanni la vita eterna non è un premio futuro, ma un esperienza del presente. Non è questione di durata, ma di qualità: vita secondo l’eterno. Qual è questa vita? È una vita che non si appiattisce, che guarda colui che è stato innalzato per non rimanere invischiata nelle bassezze che talvolta ci catturano. A Napoli il 21 marzo ci sarà la giornata della disconnessione. Forse farebbe bene anche a noi. Ci aiuterebbe a pensare che la nostra vita non dipende dai like ma dalla nostra consistenza interiore, non dagli amici dei social ma dalle relazioni autentiche che stabiliamo, non dal tempo libero ma dal tempo riscattato dal vuoto.

Ecco Nicodemo: forse in quella notte con Gesù non ha capito tutto. Ma siccome poi lo ritroviamo sulla strada della croce, qualche passo l’ha fatto, assicurandoci che le parole di Gesù sono credibili e forse possono davvero cambiare la vita. E la quaresima ogni anno ci viene data proprio per questo.


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