lunedì 14 dicembre 2015

Omelia 13 dicembre 2015


Terza domenica di Avvento


A natale puoi, fare quello che non puoi fare mai… è natale, è natale si può fare di più. La canzoncina la conosciamo bene.  E i creativi che vogliono venderci il panettone la accompagnano a un’istanza che a natale ci rende un po’ più sensibili: quella del fare.

Fare è importante: ci salva dai discorsi inconcludenti e consente alle idee di trovare un nuovo terreno su cui svilupparsi e diffondersi: quello della vita e delle sue responsabilità. Perché noi non siamo fatti di soli concetti: abbiamo bisogno di strade da percorrere, materia da plasmare, contatti da stabilire. Ma dobbiamo smascherare l’inganno pubblicitario: che il fare sia solo natalizio e che esso corrisponda alla condivisione famigliare del panettone.

La domanda che vari personaggi rivolgono a Giovanni Battista per ben tre volte: Che cosa dobbiamo fare? ci dà modo di riflettere sul senso del fare e di coglierne le misure più ampie.

  1. Anzitutto il fare allude a una responsabilità condivisa. Quel pronome che rimbalza da una domanda all’altra indica un coinvolgimento che riguarda tutti. E noi che cosa dobbiamo fare? Pensate all’abilità con cui in genere cerchiamo le responsabilità degli altri. Quello che dovrebbero fare i politici, il comune, la sanità, la chiesa, i preti. L’azione pone la questione anche su di noi: noi esitanti e noi latitanti, sfuggenti rispetto alla decisione di esserci. Il passaggio dalla logica feudale a quella comunale avviene nel medioevo sulla scorta di corporazioni che intuiscono i vantaggi dell’operare insieme e la possibilità di poterlo fare. E così si fa strada la logica del bene comune e non solo del feudatario. Oggi stiamo tornando ad un piccolo feudo da difendere: il nostro. E gli altri sono vassalli. Ci lamentiamo dei politici che fanno i loro interessi, ma la logica delle responsabilità o delle irresponsabilità talvolta è la stessa. Chi ce lo fa fare di coinvolgerci più dello stretto necessario a casa, a scuola, nel lavoro, nella parrocchia? Riscaldamento globale del pianeta. Finalmente alla Conferenza di Parigi si è giunti a un accordo e si è compreso che dalle parole bisognava passare ai fatti, a fare qualcosa. Salvare il pianeta abbassando la temperatura globale, restringendo a poco più di un grado e mezzo nel 2020 il riscaldamento massimo consentito. Il ministro degli esteri francese, presentando ieri i risultati della conferenza sul clima ha detto, citando Mandela: «Nessuno di noi agendo da solo può raggiungere il successo, il successo è portato da tutte le nostre mani riunite». Dove sono le tue mani? E noi che cosa possiamo fare?
  2. La domanda sul fare implica però anche la considerazione del suo oggetto: che cosa. Nel nostro Nord-est infatti l’azione non manca, ma la dobbiamo interrogare. Che cosa stiamo facendo? E quello che facciamo ci aiuta a preparare strade cristiane? Nonostante la crisi che ha messo molte aziende in difficoltà e ha creato problemi occupazionali noi continuiamo a essere schiavizzati da un lavoro o da più lavori che ci disumanizzano, distruggono famiglie, ci chiudono nella sfera del privato e soprattutto pesano enormemente sulle giovani generazioni. Primo perché non dedichiamo più loro tempo adeguato e ci sfuggono di mano: abbiamo ragazzi che fanno uso di sostanze e genitori lontani anni luce dal riconoscerlo. In secondo perché inoculiamo in loro modelli comportamentali che ripetono gli stessi errori dei grandi e che impediscono di capire che il senso della vita è donare la vita. In questa settimana i ragazzi di quarta superiore, dopo tre mesi che parliamo di servizio, solo in cinque si sono presentati per iniziarlo davvero. Ho la scuola, il lavoro, la palestra, lo sport... Dati del resto perfettamente in linea con il volontariato in Italia che registra un calo del giovanile al 6%. Non basta fare. Devi chiederti anche cosa stai facendo. E quale umanità stai generando.
  3. Infine Giovanni Battista ci fa capire che il verbo fare va attentamente coniugato su altre strutture verbali, a seconda di persone e situazioni. Alla folla: Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto. Fare si coniuga con il condividere. Ai pubblicani, esattori delle tasse: Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato. Fare significa correttezza e ricerca della giustizia. Ai soldati: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno». Fare significa rinunciare alla prevaricazione e alla violenza. Prova a vedere dove ti porta quest’anno il fare. Avete sentito quella bella storia di Ruggero, muratore di Montebelluna, separato da 25 anni che ha accolto di nuovo in casa l’ex moglie Mariarosa, malata di tumore e bisognosa di assistenza? Ma le regole degli alloggi Ater non prevedono inquilini diversi dal nucleo famigliare. E lui, senza fare una piega risposa Mariarosa. Non lasciare mai i tuoi fare in balia del caso, sposali a qualcuno, perché quel fare ti sorprenda e ti regali la bellezza della vita.

Nessun commento:

Posta un commento