sabato 24 ottobre 2015

Omelia funerale Bruno Furlan

Funerale Bruno Furlan (21 ott. 2015)
1Cor 15, 51-57 Gv 14,1-6

La parrocchia è fatta di molta gente, ma alcune persone ti consentono di riconoscerne il volto. Sono quelle che vediamo con maggior regolarità e che sono diventate parte di un appuntamento o di un rito che si rinnova. Bruno era tra queste.
Lo vedevamo a messa, anche due volte al giorno, tre se c’era un funerale: i suoi commenti, i suoi canti con qualche strafalcione, le offerte, l’elemosina, i rimproveri ai ragazzi che disturbavano in chiesa… E così capivi che eri a Godego, in questa nostra vicenda comunitaria! 
  1. Bruno ci ricorda che la vita cristiana ha un luogo nel quale trova la sua più chiara visibilità: la chiesa parrocchiale. La chiesa non esaurisce la vita cristiana, come una casa non esaurisce la vita famigliare. Ma la chiesa e la casa sono un riferimento per identificarci, per ritrovare un volto, un’imma-gine sulla quale specchiarci e capire chi siamo. E se non entriamo in questo spazio, finiamo per perderci, per confondere la nostra stessa realtà. Bruno frequentava questa casa: per lui era importante. Da una decina d’anni aveva lasciato la sua vecchia casa dei Prai e si era trasferito in centro. Un passaggio non facile per uno come lui tenacemente radicato nelle tradizioni agresti. E forse, in questa costosa dislocazione, la chiesa – che era ancora quella di sempre – costituiva una sorta di garanzia per non smarrirsi. Ma vederlo in chiesa consentiva anche a noi di ritrovarci, di contare su un riferimento, di capire che nei nostri andirivieni c’è qualcuno che resta al suo posto. Bruno ci ha ricordato che la fede è un’avventura in comunione, che ogni presenza è un dono. Non trascurare mai quella casa nella quale il Signore ha dato inizio alla tua fede, guarda con gratitudine chi la frequenta e cerca di essere anche tu riferimento per la fede dell’altro. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti, ci ha assicurato Gesù, Io vado a prepararvi un posto. Bruno rimanendo al suo posto ci ha ricordato che Gesù tiene in serbo un posto per ciascuno di noi e già in questa vita esso ci viene donato. 
  2. Il mondo di Bruno era fatto anche di terra e di animali. La sua casa nuova era stata ben presto organizzata come quella antica e chi la visitava ne rimaneva un po’ impressionato: galline, conigli, mais... un’arca di Noè! Ognuno di noi è quello che è, con i suoi limiti, le sue fisse, i suoi modi di fare e anche Bruno non era esente da una certa …originalità! Però ad un certo punto ha accettato una trasformazione. Mettendosi di fronte a sua moglie malata, ha capito che le cose dovevano cambiare e ha accettato che il tempo della fattoria fosse concluso. Sapendo quanto gli era costato tale passaggio mi pare una decisione non da poco, testimonianza di una disponibilità a lasciarsi mettere in discussione e aprire nuovi varchi tenendo conto non solo delle proprie propensioni o simpatie, ma anche del bene dell’altro. Non rimanere prigioniero di te stesso, delle tue idee, ci dice Bruno. Non credere che il cambiamento sia impossibile. Quali sono le tue impostazioni che incatenano la tua vita e la vita di chi ti vive accanto? Guarda che ci si può liberare: non solo dalle galline e dai conigli, ma anche da abitudini che generano malcontento, fraintendimenti, appesantimenti nelle relazioni. La morte non è solo la conclusione dell’esistenza, quanto la partecipazione a scelte velenose che minacciano vita. Il pungiglione della morte è il peccato, ci ha ricordato Paolo, e qualche volta ne siamo artefici. Ma il Signore ce ne può liberare: Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria. Lascia che Gesù ti liberi dalle scelte di morte che compromettono l’eterno. 
  3. Bruno però, insieme a sua moglie, è passato anche attraverso la grande sofferenza. La morte tragica di suo figlio ha lasciato un marchio indelebile nella sua esistenza. Lui a volte si intratteneva con noi e scherzava, ma nei suoi occhi c’era sempre un velo di tristezza. E tuttavia questo non gli ha fatto perdere la fede e la speranza che sono in Dio. A messa, durante la comunione, Bruno spesso intonava il canto che immancabilmente era: Il Signore è il mio pastore. Pur se andassi per valle oscura, non avrò a temere alcun male: perché sempre mi sei vicino, mi sostieni col tuo vincastro. La vita a volte ci riserva momenti di grande difficoltà e ci mette alla prova. E allora ci si può chiudere e incattivire. Ma si può anche guardare all’oltre di Dio nella persuasione che lui non ci perde. Lui è il Buon Pastore che non teme la valle oscura.
Bruno ci ha creduto. Era una persona semplice, non esente da limiti che noi del resto abbiamo conosciuto. Ma era un credente che si metteva nelle mani di Dio e che oggi ci lascia in eredità un po’ della sua fede e della passione per questa comunità.
Raccogliamo tale dono. Diventi responsabilità nello stare accanto a Gelinda e Denis perché mancando un marito e un padre trovino dei fratelli e diventi fiducia il quel Dio che sempre ci accompagna e fa nuove tutte le cose.

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