domenica 21 giugno 2015

Omelia 7 giugno 2015


Corpus Domini 2015

Una grande scuola del pensiero filosofico antico è stata quella platonica. Platone chiedeva: «E allora quand’è […] che l’anima tocca la verità?». «L’anima ragiona con la sua migliore purezza quando non la conturba né vista né udito né dolore, e nemmeno piacere; ma tutta sola si raccoglie in se stessa dicendo addio al corpo» (Fedone X). Secondo Platone il corpo è la prigione dell’anima e bisogna liberarsene. Su questo sfondo, il cristianesimo dovette faticare non poco per affermare la novità che portava con sé. I discepoli di Gesù infatti non solo non consideravano il corpo come una sorta di carcere, ma avevano ricevuto dal Signore il comando di custodire il suo corpo e di riconoscere in tale appuntamento la centralità della loro esperienza di fede. Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Quale corpo ci consegna il Signore?

1.    Ci consegna il suo corpo eucaristico. Gesù ha pensato di anticipare il dono che avrebbe fatto sulla croce con i gesti dell’Ultima Cena. E in un pezzo di Pane ha custodito la sua vita, il senso di quello che aveva in mente perché i suoi discepoli si convincessero che la vita donata è la vita riuscita e avessero la forza di fare altrettanto. Quando noi ci nutriamo del Corpo di Gesù ci nutriamo di un corpo spezzato, di un invito a non trattenerci, a lasciarci mangiare perché qualcuno riceva vita. Abbiamo visto nei giorni scorsi un’ondata di arresti eccellenti: consiglieri eletti dal popolo, funzionari pubblici, manager della cooperazione sociale che hanno cercato di arricchirsi non con i partiti, come ai tempi di Tangentopoli, ma con l’emergenza abitativa e la gestione dell’accoglienza dei migranti. Gli artigli sulla solidarietà e sulla ricerca del bene comune, per ingrassare se stessi. Il mio corpo sano e pasciuto approfittando del corpo ferito dell’altro! Com’è diversa la logica di Gesù! Tra pochi giorni entrerà in vigore la legge n. 69 sull’anticorruzione, una nuova stretta sul malaffare. Ma le leggi non servono se non cambia la mentalità e non ci convinciamo che solo il dono ci rende uomini e ci fa vivere.

2.    Ma il Corpo che Gesù ci consegna è anche quello ecclesiale. Mentre mangi di quel Corpo diventi un solo Corpo. Gesù ci dà appuntamento nella comunione che egli stabilisce tra noi. È lui che la genera, ma sta a noi custodirla. Impressiona infatti nel vangelo ascoltato la cura che Gesù affida ai sui discepoli nel preparare la cena. «Andate in città… vi verrà incontro un tale… Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». La cena apre una relazione al piano superiore, quello dell’intimità famigliare e meno esposto alla razzia. L’eucaristia non è una sorta di fast-food occasionale: è passione per l’altro, accoglienza, voglia di stare insieme. È pane frantumato sulla mensa per essere ricomposto nella fraternità. Domenica scorsa in una famiglia i ragazzi mi hanno fatto giocare con dei dadi che, messi insieme, componevano dei disegni sui vari lati. Ad un certo punto mancava un pezzo: dov’è finito? «Vado a cercarlo in cantina!», ha detto un bambino. Ecco, quando il sacerdote ti dà un pezzetto di pane spezzato, prova a chiederti: dov’è finito quello che gli stava accanto? Non è che lo devi cercare in cantina?

3.    E infine il Corpo che Gesù ti invita a custodire è il tuo corpo. Sul Fatto quotidiano di questi giorni c’era un’inchiesta su sessualità e mondo dei ragazzi ed emergeva la superficialità con cui questo capitolo è trattato. Tra un cambio e l’altro dell’ora ci si ritrova in bagno e si fa sesso, senza troppe presentazioni, senza troppe domande. Si fa perché mi va bene così. Ragazze-doccia, si chiamano, appunto perché è come quando ci si lava velocemente. Vedi che Platone ritorna? Ti convince che il corpo sia separabile dai tuoi sentimenti, dalla tua intelligenza, dal tuo impegno nei confronti dell’altro. È il grande inganno che ti impoverisce, ti anestetizza e ti appiattisce. Impara a dire con Gesù: Questo è il mio corpo. Custodisce un dono, non meraviglia che non può corrispondere a cinque minuti all’ormone nei bagni di scuola. Che ne fai del tuo corpo? Hai mai provato ad abbracciare qualcuno che sta male? Hai mai provato a far fatica? A prendere in braccio un bambino? Forse potrai capire che c’è qualcosa di prezioso, da non svendere, da seguire, da far crescere.

Prendete e mangiate, questo è il mio corpo! Non è solo un gesto di convivialità: è una logica nuova quella che Gesù ci suggerisce. Aperta alla vita, aperta alla verità.

 

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