UNDICESIMA DOMENICA
DEL T.O.
Un antico apologo
rabbinico ricorda che quando Dio creava il mondo aveva quattro secchi di sassi:
tre li ha versati sulla terra di Israele. Il racconto ci aiuta a comprendere il
miracolo di una pianta che spunta nella pietrosa realtà palestinese e ci fa
capire perché Gesù ricorra a tale immaginario per dire le meraviglie di Dio.
C’è una novità in azione ed essa è più forte di qualunque resistenza, più
sorprendente di ogni misura ipotizzata. Due parabole e due semi. Che cosa ci
suggeriscono?
1.
Anzitutto il dinamismo di una crescita. Gesù sta parlando del Regno di Dio,
del suo modo di rendersi presente nella vita degli uomini. Ebbene tale azione
non si manifesta suonando le trombe, ma producendo vita. Così vuol essere il
Dio cristiano, così la sua azione nel mondo. Semplice, discreta e vitale.
Partecipa a questa crescita. Due anziani: lei improvvisamente è colpita da
un’ischemia, lui indebolito dall’età. Lei parte per l’ospedale in ambulanza e
lui che la osserva trepidante. Le manda una serie di baci stando seduto mentre
lei procede in barella. E commenta: Se tornassi indietro farei tutto da capo.
Un matrimonio che è cresciuto, che ha costruito Regno di Dio.
2.
Un altro suggerimento viene dalla
prima parabola: il seme che cresce da
solo. C’è l’iniziale opera di quell’uomo che getta il seme nel terreno, ma
poi, dorma o vegli il seme germoglia e
cresce Come, egli stesso non lo sa. Gesù ci sta facendo capire che, nella
logica del Regno, c’è un’azione eccedente rispetto a quello che appartiene alla
responsabilità dell’uomo: è quello che può fare Dio. Sorprendentemente il terreno produce spontaneamente prima lo
stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Seminare è
necessario. Ma nella semina c’è un evento più grande della semina stessa: c’è
il mistero della crescita che appartiene a Dio e ai suoi disegni. Questa logica
io la osservo quando giovani genitori vengono per il battesimo, magari dopo
anni di latitanza cristiana, magari dopo disperazione di genitori che non
vedevano prospettive rispetto a quello che avevano insegnato. Ecco il seme che
cresce da solo. E questo ci fa comprendere la forza del vangelo. I suoi semi,
posti nell’educazione, nei momenti cruciali dell’esistenza, nelle conversazioni
più semplici sono sempre promessa di uno sviluppo che procede talvolta anche
quando ci pare di aver parlato o agito per niente. Dio ti può sorprendere,
proprio dove non l’avresti creduto.
3.
La seconda parabola ci consegna un
altro aspetto, la sorpresa che si
allarga. Qualche settimana fa sono stato all’Expo. Una grande
manifestazione non priva di ambiguità. Tanti discorsi altisonanti che
proclamano ecosostenibilità, biodiversità, rispetto dell’ambiente. E poi ti
rendi conto che, per molti aspetti, la cultura consumistica che l’Expo vorrebbe
combattere è quella che regge la manifestazione stessa, dato che c’è uno stand
che ti fa capire il problema dei rifiuti ma tu non trovi neanche una fontanella
d’acqua e sei costretto a comprare mezza minerale a 2 euro. E in questo
contrasto il padiglione della Caritas e della S. Sede che ostinatamente cercano
di far capire che l’ecosostenibilità è anche una questione di fraternità, di
apertura del cuore per far crescere un’umanità nuova e non solo carote prive di
schifezze. E pazientemente la mentalità si diffonde, nell’ospitalità, anche se
qualcuno ha detto che era meglio starsene a casa.
Il
regno di Dio non cresce in soffitta ma con la decisione di esserci nelle
questioni che riguardano gli uomini.
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