Terza domenica del Tempo Ordinario
Sul sito
archeologico dell’antica Priene, città dell’Asia Minore nell’attuale Turchia, è
stata trovata un’iscrizione del 9 a.C. che celebra i natali di Augusto. Ebbene
quel giorno è salutato come portatore di un lieto annuncio per tutto l’impero.
Quella parola “lieto annuncio” corrisponde al termine greco euaggelion, vangelo. Il termine ai tempi
di Gesù era dunque già diffuso: indicava una buona notizia di carattere
politico o militare, una vittoria o la morte dei propri nemici. I cristiani
ripresero quel termine ma lo associarono all’annuncio di Gesù. Non erano gli
imperatori a portare buone notizie al mondo ma il Figlio di Dio che recava una
nuova visione della storia e una inedita possibilità di liberazione rispetto a
tutto ciò che imprigionava l’uomo, morte compresa.
Mentre Gesù inizia
la sua vita pubblica, il termine vangelo risuona per ben due volte, nelle
parole dell’evangelista e in quelle di Gesù. Egli andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo
è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Tempo e luogo. Il
vangelo è un modo nuovo di abitare la storia sapendo che in essa irrompe ormai
l’azione di Dio. Il chronos, lo scorrere dei giorni, è abitato dal kairos, la misura dell’eterno. E questa
sorpresa ridisegna la vita. Se il vangelo non coinvolge la vita che lieto
annuncio è? E quella rete che ritorna per ben tre volte nel vangelo di oggi è
proprio l’immagine della vita. Vita che cerchiamo nella rete gettata, nella rete
riparata, nella rete lasciata.
1.
Passando
lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre
gettavano le reti in mare. Gettare le reti è un gesto di
speranza, di fiducia. Il vangelo è parola che riguarda le attese della vita.
Dove stai gettando la rete? A volte non ci sono mari molto pescosi ma acque
ferme. L’abbiamo letto nel giornale anche ieri: Festeggia la patente con alcol e coca e si schianta. A Castelfranco,
non in America. I racconti delle feste che i nostri adolescenti promuovono ci
fanno capire che questo mondo di sballo non è poi così distante. Un quindicenne
viene segnalato per detenzione e spaccio di coca. Gli amici commentano: «Che
pirla, si è fatto beccare». Sei pirla se ti fai beccare o se sballi? Sono
bastardi i carabinieri che ti fermano o tu che ti muovi “fatto” per strada?
Interroga la tua vita, le tue attese perché a volte le acque in cui peschi
possono essere stagnanti o velenose. Il Vangelo risuona quando giochi in grande
la vita.
2.
Andando
un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre
anch’essi nella barca riparavano le reti. Qui i
pescatori aggiustano perché la rete, metafora della nostra vita e delle nostre
attese, qualche volta si rompe. E serve pazienza, capacità di rimettere insieme
i fili, di riannodare. Anche questo è un terreno dove il Signore vuol far udire
il suo vangelo perché talvolta c’è il rischio che, per poter riannodare la
vita, ne strappiamo un pezzo. Pensate all’esigenza che qualche volta emerge di
fare il punto della situazione. Un momento difficile, qualcosa che non va come
vorresti, l’interruzione di un rapporto e la vita si scuce. E allora cominci a
prenderti in mano e ti rivolgi a un terapeuta. Niente da dire, ma hai
verificato chi è, che visione di uomo lo muove? Ma oggi vanno di moda percorsi
wellness facilmente rintracciabili anche in palestra dove oltre allo zumba trovi un corso di meditazione con
un guru che si prende cura della tua vita. E che succede? Un po’ alla volta il
guru riannoda, ma modo suo, tagliando alcuni fili che a lui non servono: pensa
a te stesso, tieni distanti quelli che sono carichi di energia negativa, impara
a volerti bene. E siccome mi voglio bene, mi dimentico che nel frattempo ho dei
figli, un lavoro, una dignità che mi appartiene e che appartiene anche alla mia
famiglia. E allora divento assente, regredisco, trasgredisco. E’ importante
riassettare la rete, ma non farlo senza che risuonino parole di vangelo. Lì c’è
buona notizia.
3.
E infine il terzo annuncio evangelico:
E subito lasciarono le reti e lo
seguirono. La vita a volte non porta solo attese buone o esigenze di
riassetto. A volte può anche imprigionare. Quale rete ti imprigiona? Notate
l’insistenza con cui si evoca l’ambiente lavorativo: gli strumenti per la
pesca, la barca, i garzoni. Era una piccola azienda di famiglia, gestita da Zebedeo.
Chissà che cosa avrà detto il titolare quando ha visto andarsene i due figli!
Attento al lavoro perché qualche volta può diventare una trappola. Quando ti
ruba alle relazioni importanti, quando il guadagno diventa spregiudicatezza e
illegalità, quando in bilancio c’è anche lo sfruttamento, quando ti limiti al
minimo e scarichi il lavoro sui colleghi? Il vangelo non è accomodamento: è
strada nuova da percorrere, come quella dei discepoli che da quel momento in
avanti comprendono che non sono i pesci l’orizzonte della vita, ma l’uomo. Vi farò diventare pescatori di uomini.
Essere a servizio del vangelo vuol dire cercare un progetto di umanizzazione e
lottare per tutto ciò che lo compromette.
Venite dietro a me. Su
queste strade di umanità il Signore ci aiuti a seguirlo.
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