domenica 25 gennaio 2015

Omelia 25 gennaio 2015


Terza domenica del Tempo Ordinario

Sul sito archeologico dell’antica Priene, città dell’Asia Minore nell’attuale Turchia, è stata trovata un’iscrizione del 9 a.C. che celebra i natali di Augusto. Ebbene quel giorno è salutato come portatore di un lieto annuncio per tutto l’impero. Quella parola “lieto annuncio” corrisponde al termine greco euaggelion, vangelo. Il termine ai tempi di Gesù era dunque già diffuso: indicava una buona notizia di carattere politico o militare, una vittoria o la morte dei propri nemici. I cristiani ripresero quel termine ma lo associarono all’annuncio di Gesù. Non erano gli imperatori a portare buone notizie al mondo ma il Figlio di Dio che recava una nuova visione della storia e una inedita possibilità di liberazione rispetto a tutto ciò che imprigionava l’uomo, morte compresa.

Mentre Gesù inizia la sua vita pubblica, il termine vangelo risuona per ben due volte, nelle parole dell’evangelista e in quelle di Gesù. Egli andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Tempo e luogo. Il vangelo è un modo nuovo di abitare la storia sapendo che in essa irrompe ormai l’azione di Dio. Il chronos, lo scorrere dei giorni, è abitato dal kairos, la misura dell’eterno. E questa sorpresa ridisegna la vita. Se il vangelo non coinvolge la vita che lieto annuncio è? E quella rete che ritorna per ben tre volte nel vangelo di oggi è proprio l’immagine della vita. Vita che cerchiamo nella rete gettata, nella rete riparata, nella rete lasciata.

1.    Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare. Gettare le reti è un gesto di speranza, di fiducia. Il vangelo è parola che riguarda le attese della vita. Dove stai gettando la rete? A volte non ci sono mari molto pescosi ma acque ferme. L’abbiamo letto nel giornale anche ieri: Festeggia la patente con alcol e coca e si schianta. A Castelfranco, non in America. I racconti delle feste che i nostri adolescenti promuovono ci fanno capire che questo mondo di sballo non è poi così distante. Un quindicenne viene segnalato per detenzione e spaccio di coca. Gli amici commentano: «Che pirla, si è fatto beccare». Sei pirla se ti fai beccare o se sballi? Sono bastardi i carabinieri che ti fermano o tu che ti muovi “fatto” per strada? Interroga la tua vita, le tue attese perché a volte le acque in cui peschi possono essere stagnanti o velenose. Il Vangelo risuona quando giochi in grande la vita.

2.    Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Qui i pescatori aggiustano perché la rete, metafora della nostra vita e delle nostre attese, qualche volta si rompe. E serve pazienza, capacità di rimettere insieme i fili, di riannodare. Anche questo è un terreno dove il Signore vuol far udire il suo vangelo perché talvolta c’è il rischio che, per poter riannodare la vita, ne strappiamo un pezzo. Pensate all’esigenza che qualche volta emerge di fare il punto della situazione. Un momento difficile, qualcosa che non va come vorresti, l’interruzione di un rapporto e la vita si scuce. E allora cominci a prenderti in mano e ti rivolgi a un terapeuta. Niente da dire, ma hai verificato chi è, che visione di uomo lo muove? Ma oggi vanno di moda percorsi wellness facilmente rintracciabili anche in palestra dove oltre allo zumba trovi un corso di meditazione con un guru che si prende cura della tua vita. E che succede? Un po’ alla volta il guru riannoda, ma modo suo, tagliando alcuni fili che a lui non servono: pensa a te stesso, tieni distanti quelli che sono carichi di energia negativa, impara a volerti bene. E siccome mi voglio bene, mi dimentico che nel frattempo ho dei figli, un lavoro, una dignità che mi appartiene e che appartiene anche alla mia famiglia. E allora divento assente, regredisco, trasgredisco. E’ importante riassettare la rete, ma non farlo senza che risuonino parole di vangelo. Lì c’è buona notizia.

3.    E infine il terzo annuncio evangelico: E subito lasciarono le reti e lo seguirono. La vita a volte non porta solo attese buone o esigenze di riassetto. A volte può anche imprigionare. Quale rete ti imprigiona? Notate l’insistenza con cui si evoca l’ambiente lavorativo: gli strumenti per la pesca, la barca, i garzoni. Era una piccola azienda di famiglia, gestita da Zebedeo. Chissà che cosa avrà detto il titolare quando ha visto andarsene i due figli! Attento al lavoro perché qualche volta può diventare una trappola. Quando ti ruba alle relazioni importanti, quando il guadagno diventa spregiudicatezza e illegalità, quando in bilancio c’è anche lo sfruttamento, quando ti limiti al minimo e scarichi il lavoro sui colleghi? Il vangelo non è accomodamento: è strada nuova da percorrere, come quella dei discepoli che da quel momento in avanti comprendono che non sono i pesci l’orizzonte della vita, ma l’uomo. Vi farò diventare pescatori di uomini. Essere a servizio del vangelo vuol dire cercare un progetto di umanizzazione e lottare per tutto ciò che lo compromette.

Venite dietro a me. Su queste strade di umanità il Signore ci aiuti a seguirlo.

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