Quindicesima domenica del T. O.
http://it.wikipedia.org/wiki/Seminatore_al_tramonto
Non so se ricordate il celebre dipinto di Van Gogh che raffigura il Seminatore al tramonto. Il pittore imprime sulla tela l’intensità dei colori provenzali, ma accompagna l’immagine con una singolare inversione cromatica. Il cielo diviene giallo e la terra risponde di un blu caliginoso con macchie di viola brillante. I colori della messe matura sono in alto e i colori del cielo sono in basso, come se quel seminatore che appare sulla destra stesse facendo un’operazione carica di cielo. In effetti è proprio così. Quando semini apri varchi di cielo, di speranza, di futuro. Il seme domanda la pazienza dell’attesa, l’accoglienza fiduciosa. Se guardi il campo dopo la semina non vedi alcunché. Ma se lo guardi con i colori giusti, vedi i riflessi del cielo. Già domenica scorsa il vangelo ci ricordava che Gesù stava incontrando ostilità e rifiuto e che erano solamente i piccoli e i poveri a seguirlo. Oggi sono proprio loro che si interrogano e dicono: “Ma ‘sto vangelo funziona? Le tue parole cambiano il cuore degli uomini, gli eventi del mondo o siamo vittime dell’illusione?”. Se ci pensate sono domande che ci facciamo anche noi quando ci pare che il messaggio cristiano sia inefficace o sia rivolto ad un gruppo di derelitti che cercano un po’ di consolazione. Come funziona la semina di Dio? Quali colori ci invita a riconoscere?
1. Ecco il seminatore uscì a seminare. Prima
delle considerazioni agronomiche che riguardano i terreni c’è la fiducia di
quel gesto. Dio che semina a piene mani. È quello che stava facendo Gesù con la
sua predicazione. Dio non funziona come le moderne seminatrici che misurano e
distanziano i semi con logiche di calcolo e di profitto. Dio, quando si tratta
della sua parola, adotta lo spreco
perché ce ne sia almeno una che ti scenda nel cuore. In questi giorni la gente
mi fa le congratulazioni perché sono diventato parroco. Ma c’è anche qualcuno
che aggiunge: “Che vai fare in quel posto? Sei sprecato”. E una madre che
ricorda strade di fede ad un figlio? Non sta anche lei sprecando parole? E
quando cerchiamo di convincere qualcuno ad aprire varchi di fede? Dio mette in
conto lo spreco perché continui ad esserci almeno un’occasione in cui tra i
solchi della tua umanità cada un seme di vangelo.
2. Mentre seminava una parte del seme
cadde su… La semina di Dio ha bisogno del terreno. Dio
non agisce a colpi di bacchetta magica: la magia sei tu se ti fidi di lui, se
lo lasci agire. E Dio ti ama a tal punto da metterti in guardia, da avvertirti
di alcuni rischi sempre in agguato. Quei tre terreni fallimentari sono la
descrizione di una terra che non ospita il cielo e che perde, di conseguenza, i
suoi colori più veri. Puoi essere ruvido selciato che non lascia penetrare la
parola e qualcuno te la ruba. È la parola che cade su strade calpestate da
tutti, strade di opinioni ricorrenti, di mode: fanno tutti così. E perdi
l’originalità cristiana. Il Maligno che ruba la parola è il principe di questo
mondo che vuole stabilire la sua signoria. Puoi essere terreno sassoso dove la
terra mescolata alla ghiaia fornisce solo un breve nutrimento al seme: si alza
il sole e la pianta brucia. Entusiasmi improvvisi ma effimeri. Come quando
trovi qualcuno che dichiara: “Sono innamorato di Papa Francesco”. Ma ascolti
anche quello che ti dice? Infine puoi essere terreno fertile sopraffatto però
da rovi che soffocano la crescita della pianta. Le spine sono le
preoccupazioni, i problemi di questo mondo, le garanzie economiche, l’ansia per
il futuro. Possono crescere e diffondersi da bloccare gli orizzonti, da
nascondere il senso della vita. Ecco Gesù vuole metterti in guardia: non tutto
è scontato. Non tutto conduce allo stesso esito. Ma questo sembra un discorso
moraleggiante se non introduciamo anche il quarto terreno. Gesù ne parla
dicendo epi ten ghén, ten kelén: il
terreno su cui cade il seme è quello kalós, bello. Gesù vuole che la vita sia bella – come un quadro di Van
Gogh! - e su questo terreno affonda il suo seme. Se accogli il vangelo vedi bellezza.
3. E diede frutto. La
semina di Dio si conclude con questa persuasione. Perché con tutta la casistica
agronomica ci può rimanere il dubbio: funziona o non funziona la Parola di
Gesù? Era la domanda latente dei discepoli. La Parola non è magia, abbiamo
detto: ha bisogno di accoglienza e responsabilità. Ma non è neppure forza
inerte. È come la pioggia e la neve di cui ci ha parlato il profeta Isaia. Non
scendono dal cielo senza irrigare la terra. Così il vangelo è energia
misteriosa che agisce, che sostiene, che guarisce. Anche quando non te lo
aspetti. Anche nell’aridità di alcune situazioni. Pensate alla tensione tra
Israele e Palestina. Uno dice: ma a che è servita la preghiera in Vaticano?
Sembra parola sulla strada di un inscalfibile cuore umano! Ma se quello che
vediamo provoca orrore e tristezza vuol dire che gli uccelli dell’indifferenza
non hanno rubato tutto e si sta diffondendo una cultura di pace che chiede
conto anche di questo conflitto talvolta dato per inevitabile o visto in
maniera sonnacchiosa anche a casa nostra. Come la pioggia e la neve. La Parola
porta frutto, anche quando ti sembra impossibile, anche quando sembra in
ritardo. E se gli altri a cui vorresti portarla ti sembrano un po’ refrattari
non ti preoccupare, perché intanto Dio sta cominciando da te.
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