domenica 13 luglio 2014

Omelia 13 luglio 2014


Quindicesima domenica del T. O.


http://it.wikipedia.org/wiki/Seminatore_al_tramonto 


Non so se ricordate il celebre dipinto di Van Gogh che raffigura il Seminatore al tramonto. Il pittore imprime sulla tela l’intensità dei colori provenzali, ma accompagna l’immagine con una singolare inversione cromatica. Il cielo diviene giallo e la terra risponde di un blu caliginoso con macchie di viola brillante. I colori della messe matura sono in alto e i colori del cielo sono in basso, come se quel seminatore che appare sulla destra stesse facendo un’operazione carica di cielo. In effetti è proprio così. Quando semini apri varchi di cielo, di speranza, di futuro. Il seme domanda la pazienza dell’attesa, l’accoglienza fiduciosa. Se guardi il campo dopo la semina non vedi alcunché. Ma se lo guardi con i colori giusti, vedi i riflessi del cielo. Già domenica scorsa il vangelo ci ricordava che Gesù stava incontrando ostilità e rifiuto e che erano solamente i piccoli e i poveri a seguirlo. Oggi sono proprio loro che si interrogano e dicono: “Ma ‘sto vangelo funziona? Le tue parole cambiano il cuore degli uomini, gli eventi del mondo o siamo vittime dell’illusione?”. Se ci pensate sono domande che ci facciamo anche noi quando ci pare che il messaggio cristiano sia inefficace o sia rivolto ad un gruppo di derelitti che cercano un po’ di consolazione. Come funziona la semina di Dio? Quali colori ci invita a riconoscere?

1.    Ecco il seminatore uscì a seminare. Prima delle considerazioni agronomiche che riguardano i terreni c’è la fiducia di quel gesto. Dio che semina a piene mani. È quello che stava facendo Gesù con la sua predicazione. Dio non funziona come le moderne seminatrici che misurano e distanziano i semi con logiche di calcolo e di profitto. Dio, quando si tratta della sua parola, adotta lo spreco perché ce ne sia almeno una che ti scenda nel cuore. In questi giorni la gente mi fa le congratulazioni perché sono diventato parroco. Ma c’è anche qualcuno che aggiunge: “Che vai fare in quel posto? Sei sprecato”. E una madre che ricorda strade di fede ad un figlio? Non sta anche lei sprecando parole? E quando cerchiamo di convincere qualcuno ad aprire varchi di fede? Dio mette in conto lo spreco perché continui ad esserci almeno un’occasione in cui tra i solchi della tua umanità cada un seme di vangelo.

2.    Mentre seminava una parte del seme cadde su… La semina di Dio ha bisogno del terreno. Dio non agisce a colpi di bacchetta magica: la magia sei tu se ti fidi di lui, se lo lasci agire. E Dio ti ama a tal punto da metterti in guardia, da avvertirti di alcuni rischi sempre in agguato. Quei tre terreni fallimentari sono la descrizione di una terra che non ospita il cielo e che perde, di conseguenza, i suoi colori più veri. Puoi essere ruvido selciato che non lascia penetrare la parola e qualcuno te la ruba. È la parola che cade su strade calpestate da tutti, strade di opinioni ricorrenti, di mode: fanno tutti così. E perdi l’originalità cristiana. Il Maligno che ruba la parola è il principe di questo mondo che vuole stabilire la sua signoria. Puoi essere terreno sassoso dove la terra mescolata alla ghiaia fornisce solo un breve nutrimento al seme: si alza il sole e la pianta brucia. Entusiasmi improvvisi ma effimeri. Come quando trovi qualcuno che dichiara: “Sono innamorato di Papa Francesco”. Ma ascolti anche quello che ti dice? Infine puoi essere terreno fertile sopraffatto però da rovi che soffocano la crescita della pianta. Le spine sono le preoccupazioni, i problemi di questo mondo, le garanzie economiche, l’ansia per il futuro. Possono crescere e diffondersi da bloccare gli orizzonti, da nascondere il senso della vita. Ecco Gesù vuole metterti in guardia: non tutto è scontato. Non tutto conduce allo stesso esito. Ma questo sembra un discorso moraleggiante se non introduciamo anche il quarto terreno. Gesù ne parla dicendo epi ten ghén, ten kelén: il terreno su cui cade il seme è quello kalós, bello. Gesù vuole che la vita sia bella – come un quadro di Van Gogh! - e su questo terreno affonda il suo seme. Se accogli il vangelo vedi bellezza.

3.    E diede frutto. La semina di Dio si conclude con questa persuasione. Perché con tutta la casistica agronomica ci può rimanere il dubbio: funziona o non funziona la Parola di Gesù? Era la domanda latente dei discepoli. La Parola non è magia, abbiamo detto: ha bisogno di accoglienza e responsabilità. Ma non è neppure forza inerte. È come la pioggia e la neve di cui ci ha parlato il profeta Isaia. Non scendono dal cielo senza irrigare la terra. Così il vangelo è energia misteriosa che agisce, che sostiene, che guarisce. Anche quando non te lo aspetti. Anche nell’aridità di alcune situazioni. Pensate alla tensione tra Israele e Palestina. Uno dice: ma a che è servita la preghiera in Vaticano? Sembra parola sulla strada di un inscalfibile cuore umano! Ma se quello che vediamo provoca orrore e tristezza vuol dire che gli uccelli dell’indifferenza non hanno rubato tutto e si sta diffondendo una cultura di pace che chiede conto anche di questo conflitto talvolta dato per inevitabile o visto in maniera sonnacchiosa anche a casa nostra. Come la pioggia e la neve. La Parola porta frutto, anche quando ti sembra impossibile, anche quando sembra in ritardo. E se gli altri a cui vorresti portarla ti sembrano un po’ refrattari non ti preoccupare, perché intanto Dio sta cominciando da te.

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