sabato 19 luglio 2014

Omelia 20 luglio 2014


Sedicesima domenica del T. O.

Abbiamo di fronte agli occhi le immagini che ci giungono da Israele. Oltre 300 morti che interrogano la comunità internazionale ma anche la preghiera per la pace che i contendenti hanno fatto insieme a Papa Francesco. Dov’è finito quel progetto di concordia e di buona volontà? A volte il male sembra avere il sopravvento. È il problema che incontra il seme di cui Gesù già ci aveva parlato domenica scorsa. Non è solo questione di terreni; c’è anche la zizzania. È l’immagine di una realtà che minaccia il raccolto, che infesta il campo alterandone la fisionomia promettente. Il seme era buono, ma non era il solo. E forze di morte sembrano prevaricare su di esso. Eppure Gesù non perde la speranza e invita i suoi discepoli a fare altrettanto. Che cosa suggerisce?

1.     Anzitutto vigilare e registrare quanto accade. Mentre qualcuno dorme, infatti, qualcun altro agisce di nascosto. Un nemico venne… seminò… se ne andò. Tre azioni che sono passate inosservate. Il cristiano si confronta con forze che avversano l’azione di Dio, che attendono il momento in cui abbassiamo la guardia per diffondere il loro veleno. Notate che in greco il termine zizzania è al plurale: seminò delle zizzanie. La zizzania è una specie di “radice mutante” che si annida nel cuore umano in tante forme. Se il buon seme è quello del vangelo, le zizzanie sono le esperienze che lo contrastano. E sono esperienze che crescono boriose e rivendicano il loro dominio, la loro supremazia. Ti confondono a tal punto da credere che siano esse la piantagione buona. Ma non portano frutto: anzi, disumanizzano. Pensate all’erba cattiva del sospetto, della maldicenza, del giudizio. Pensate alla velocità con cui cresce. Ma che frutti genera? Frutti di morte. Vorresti somministrarli a qualcuno ma intanto avvelenano la tua esistenza. Pensate anche alla bugia e al sotterfugio: furbo chi arraffa di più! Ma intanto la tua vita diviene un imbroglio. Pensate a quei dirigenti di Rovigo che approfittando della caduta del sindaco e della giunta, con un vero e proprio blitz si sono aumentati lo stipendio. Attento al nemico in azione: impara a distinguere la spiga del loglio da quella del buon grano.
 
2.    Vi è però una seconda tentazione, più pericolosa della prima. È quella di intervenire immediatamente, di fare pulizia, di pretendere l’eliminazione della zizzania: Vuoi che andiamo a raccoglierla? È il gioco subdolo del nemico che mentre ti dà l’idea di poterlo eliminare, in realtà sta rafforzando sé stesso. Perché se tu ti metti subito a combatterlo trascuri alcuni aspetti importanti: non ti rendi conto che la zizzania non è solo degli altri ma un po’ è anche tua, non ti rendi conto che la zizzania ha uno parte aerea visibile una radice sotterranea, ramificata, non ti rendi conto che estirpandola rischi di sradicare anche qualche pianticella buona, indebolendoti. Il male ci dà fastidio, vorremmo eliminarlo, ma chi domina il mistero del male è uno solo. E se vuoi partecipare della sua vittoria devi unirti alla sua lotta, accettando la difficile convivenza. Lasciate che buon grano e zizzania crescano insieme, raccomanda il padrone ai servi. Perché è importante questa crescita simultanea? Perché ti consente di vedere meglio i confini tra le due realtà, di conoscerne l’azione e gli esiti, di sviluppare risorse. A volte la vita ci riserva dei dispiaceri: dissapori con qualcuno, attese deluse, ferite che ci arrivano. E vorremmo strappare questa zizzania con misure risolutive, sia quando prendiamo le distanze da qualcuno, sia quando proclamiamo improbabili cambia-menti. Prova a metterti con calma di fronte al bene e al male che ti appartengono: forse la colpa non è solo degli altri. Prova a vedere se la tua vulnerabilità ti insegna qualcosa: forse c’è qualcosa da imparare anche dalle fatiche. Prova a vedere se l’esperienza dolorosa può renderti può attento a quello che patiscono anche gli altri.

Come diceva Paolo: Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza. Non alla nostra presunzione. Quando il criterio di riferimento è la perfezione subentra la rabbia e la devastazione. Quando sperimentiamo la debolezza impariamo ad essere un po’ più umili, a conoscere il Padre, a sentirci custoditi da lui, a invocarlo. A diventare come lui misericordiosi e pietosi (salmo), più indulgenti con noi stessi e con gli altri.

3.    C’è un terzo intervento che consente di contrastare l’azione della zizzania. Mentre essa va raccolta e bruciata, il grano va riposto nel granaio. Ebbene il termine che indica questa seconda operazione è il verbo synágo (come sinagoga) vuol dire raccogliere insieme. Ecco, forse il buon grano cresce anche in uno sforzo di comune impegno che va oltre gli sforzi personali. È un appello comunitario, collettivo, per tessere relazioni buone, occasioni di coesione e di partecipazione in cui il regno cresca e si diffonda. Non solo cosa posso fare io, ma anche cosa possiamo fare noi, perché di fronte ad alcune provocazioni culturali, belliche, politiche da soli si fa poco. E non solo come contrastare insieme il male, ma come fare insieme il bene. Provare a alimentare sinergie di bene, per sottrarre terreno alla zizzania ed essere fare spazio al Regno che viene.

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