Quarta domenica di quaresima
L’apertura degli occhi è una
cerimonia rituale del buddismo. Quando viene collocata una statua in un tempio,
il culto viene aperto da un momento in cui un ministro dipinge gli occhi
dell’immagine, quasi ad attribuirle una sorta di vita e la capacità di vedere.
Il cristianesimo non è estraneo a questa sensibilità, ma più che degli occhi
delle statue si è preoccupato degli occhi della gente, perché vedessero davvero
e perché si aprissero alla luce di Dio. La fede rappresenta questa sfida e
l’episodio del cieco guarito ce lo ricorda. Guarda che gli occhi te li apre il
Signore e finché non guardi con la sua luce vedi solo a metà. Come si apre lo
sguardo della fede? L’episodio del vangelo ci pone di fronte a tre tappe dove,
accanto ad un uomo che recupera la vista, ce ne sono altri che, pur vedendo,
rimangono ciechi. Attenzione dunque, perché si può essere miopi pur credendo di
vederci. Anche se si è cristiani.
1.
Il primo confronto infatti è col
gruppo dei discepoli. Mentre Gesù passando
vide un uomo cieco, i discepoli vedono un caso da discutere, una disputa
teologica. Chi ha peccato: lui o i suoi
genitori perché sia nato cieco? La fede riguarda innanzitutto la percezione
di Dio e i discepoli, in questo caso, gli attribuiscono il volto del giusto
giudice. Giusto secondo i loro criteri, giusto secondo l’idea che a
constatazione di un male corrisponda una colpa, una sentenza e un’espiazione.
Dio prende la forma di un codice cui il suddito deve ottemperare. Gesù non vede
un suddito, vede un uomo. E vede un uomo come Dio lo vede. I gesti che Gesù
compie per la guarigione del cieco, che a noi sembrano un po’ ributtanti, in
realtà sono importanti, prova ne sia il fatto che vengono ricordati per cinque
volte. La saliva nella mentalità semitica del tempo era l’espressione
dell’alito umano, l’alito concentrato. Da un lato, quindi, la terra, dall’altro
l’alito, il soffio: un forte richiamo alla pagina della creazione. È l’uomo
nuovo che nasce alla luce di Dio, l’uomo interlocutore di Dio secondo quell’antico
progetto che in Gesù trova nuova chiarezza e nuova possibilità. Ecco la fede:
tu puoi farne una disputa in base alle tue precomprensioni ideologiche o
teologiche o puoi aprirti ad un incontro di cui sei “impastato”. Su D, la
rivista femminile di Repubblica, Umberto Galimberti scriveva sabato scorso: «A
che serve avere un Dio? Non mi chiedo se Dio esiste o no, ma come è venuta al
mondo l'idea di Dio». Ecco, puoi ritenere che Dio sia un’idea, ma anche questa
può essere una tua idea. La fede non è ragione che si spegne, ma ragione che si
affida, che grazie a un soffio trova altre ragioni.
2.
Ma dopo la guarigione, i problemi del
cieco non sono finiti. Deve sostenere tutta una serie di obiezioni che
riguardano la sua identità. Ma chi è? È proprio il cieco che chiedeva
l’elemosina? No, è uno che gli assomiglia! Il cieco non è più riconosciuto. È
quello che capita al credente. Aprire gli occhi vuol dire accogliere una nuova
identità: non sei più quello di prima, tanto che gli altri non ti riconoscono.
Qualche volta ti possono ammirare, specie se la fede apre cammini di
conversione, di verità. Qualche altra volta ti fuggono, ti ostacolano, ti
lasciano solo. Anche i genitori: Ha l’età
chiedetelo a lui. In una parrocchia vicino a Treviso un ragazzino di quinta
elementare ha chiesto di ricevere il battesimo. I suoi genitori non l’avevano
battezzato da piccolo pensando che la scelta l’avrebbe fatta il figlio una
volta maggiorenne. Ma il figlio lo chiede ora e loro sono a disagio perché il
bene che il figlio intuisce non è quello che loro avevano pensato e perché la
scelta del figlio non può avvenire senza il loro coinvolgimento, senza il
sostegno chiesto ai propri genitori. La fede può creare incomprensioni,
imbarazzi, distanze: vuoi insegnare a
noi? Il cieco ascolta tutte le perplessità ma quel che ha sperimentato ha
il sopravvento sulle obiezioni: una cosa
so, che prima ero cieco e ora ci vedo. Non è la ricerca delle
argomentazioni che decide della fede ma la trasformazione che hai fatto.
3.
La fede però ha bisogno di un
ulteriore elemento: la proclamazione. Chi
ti ha aperto gli occhi? La domanda che accompagna l’intero brano trova
progressiva risposta nelle parole del cieco che riconosce il suo guaritore
come: l’uomo che si chiama Gesù, un
profeta, il Signore. Tre nomi che proclamano un’identità sempre più
delineata e compresa. Tu apri gli occhi se proclami, se dici quello che hai
scoperto, anche se si tratta di una tappa, anche se non hai capito tutto. Però
il coraggio di dire e quello che dici ti guidano. C’è qualcosa che puoi dire di
Dio intorno a te? Matthew McConaughey, vincitore dell'Oscar come migliore
attore nel film Dallas Buyers Club, ha colpito la platea non solo per il premio
ricevuto, ma per le parole che ha pronunciato dopo la consegna della celebre
statuetta. Voglio ringraziare Dio perché è a Lui
a cui guardo. Ha reso più bella la mia vita con delle opportunità che riconosco
non essere opera mia o di chiunque altro essere umano. Dio è stato solo un peso o ha
reso un po’ più bella anche la tua vita? Puoi dirlo a qualcuno anche se non hai
la platea di Hollywood?
Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel
Signore. Comportatevi perciò come figli della luce.
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