Quinta domenica di quaresima
L’altro giorno in macchina passavano l’ultima
canzone del Vasco nazionale: Dannate
nuvole. Mi viene in
mente che non esiste niente, dice il cantante, solo del fumo, niente di vero. Niente dura niente, dura e questo lo sai.
Però tu non ti arrenderai. Chissà perché? Ecco, di fronte al proclama del
nulla, l’uomo non si arrende. Cerca. Cerca sfidando il vuoto che sembra
inghiottire il destino dell’uomo; cerca oltre le dannate nuvole di valori anche importanti che potrebbero però diventare
una finta consolazione o l’ennesima illusione: vivere per l’esempio che si lascia…
ma intanto muori!
La visita di Gesù in casa di Lazzaro, Marta e
Maria, il risveglio di Lazzaro dalla morte, le considerazioni che accompagnano
l’evento sono l’occasione per riflettere su come accostiamo la morte, come la
pensiamo e ne accompagniamo la presenza. Perché forse anche a noi è rivolto il
monito di Vasco: Non ti arrenderai.
1.
Anzitutto
fa riflettere la pagina dell’amicizia. Quando le due sorelle mandano a chiamare
Gesù, gli dicono: «Signore, ecco, colui
che tu ami è malato». Quando si recava a Gerusalemme, Gesù scendeva in casa
di questi amici cui era legatissimo: l’ospitalità della casa e l’intimità degli
affetti. È l’amore la grande sconfitta della morte e se qualche volta si giunge
a invocare la morte o a stringere con essa sinistri contratti, molto spesso è
proprio perché non si percepiscono i legami: quelli di cui ha bisogno il
morente, ma anche quelli che il morente può continuare a stabilire. Oggi c’è il
rischio di credere che affrontare la morte corrisponda a scendere a patti con
essa, dimenticando che Gesù Cristo non ha siglato un’intesa, ma ha riportato vittoria.
Ed è la vittoria generata dall’amore. Dio ti ama e non ti perde. Il patto da
stabilire non è con la morte ma con chi da essa ti libera. Con chi ti può stare
vicino in quel momento: con Gesù Cristo ma anche con tutti i legami forti dell’esistenza.
«Se tu fossi stato qui mio fratello non
sarebbe morto». In questa recriminazione di Marta c’è una professione di
fede: se c’è Gesù, se ci siamo e non fuggiamo, il fratello non muore. Guarda come lo amava!
2. La vicinanza però da
sola non basta. Dev’essere una vicinanza efficace. Com’è che Gesù vince la
morte? Con l’amore, s’è detto. Ma Gesù ama a tal punto da entrare nell’antro
della morte e di fare dell’amore l’antidoto della morte stessa. E questo non lo
fa nessun altro: solo lui. Io sono la
risurrezione e la vita. Credi tu questo? Qui c’è un problema di fede che
riguarda l’originalità del cristianesimo, la bella notizia che esso contiene. La
vita insegna ad ogni uomo un passaggio essenziale: quello dal grembo della
madre alla nascita e alla crescita dell’individuo. E dentro al grembo come fai
ad immaginare e a desiderare una vita differente? E se i passaggi non fossero
finiti? Così dice il Signore Dio: «Ecco,
io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio». «Togliete
la pietra», dice Gesù. E quella pietra dobbiamo toglierla dalle nostre
persuasioni e sensazioni prive di fede: quelle che ci riempiono di spavento e
ci allontano dalla malattia e dai malati, quelle che ci portano a ignorare le
modalità cristiane per rimanere accanto a un morente, quelle che fanno dei
funerali dei momenti di desolazione o di “mondanità spirituale”, nell’uno e
nell’altro caso senza speranza. Nel brano che abbiamo letto ci sono due verbi
che indicano il pianto. Il primo è klàio
ed è quello di Maria dei Giudei. È il pianto disperato, scomposto, di chi
urla, si tratta i gestiti, si butta addosso la polvere e la cenere. È il pianto
di chi pensa che i fratelli scompaiano per sempre, che la pietra ha vinto.
Anche Gesù piange, ma il verbo è dakrýo.
Dákry è la lacrima; vuol dire: gli
scorrevano lacrime dagli occhi. La morte va vissuta con molto rispetto, con
amore solidale; anche il cristiano, come Gesù, sente la lacerazione, ma nel dono
delle lacrime: una sorta di lente che Dio ci regala per vedere oltre! «Io sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in
eterno».
3.
C’è
un’altra dinamica da recuperare. Mentre Gesù agisce, non agisce da solo. Aperto
il sepolcro dice al morto: Lazzaro, vieni
fuori! E il morto esce. La morte è vinta se accetti di uscire dal sepolcro
che ti imprigiona. E il sepolcro non è solo quello del cimitero: è la
partecipazione a logiche di morte che giorno per giorno ci trattengono. La
risurrezione per noi è dono già fatto con il Battesimo, ma puoi startene su
vecchie posizioni. Vieni fuori! Un
dodicenne in campo a Campigo ha tirato pugni e calci all’arbitro e il padre,
dirigente della squadra, difende il ragazzo. Vieni fuori. Tuo padre è anziano e vuole vederti. Ma tu sei troppo
impegnata con la psicologa a elaborare il tuo passato e così ti sta sfuggendo l’occasione
per fare pace con lui e con te. Vieni
fuori. Sai che c’è la crisi e che anche l’azienda in cui operi potrebbe fare
dei tagli, ma finché nessuno dice niente approfittiamo: ho un vecchio a casa è
ho diritto di accudirlo. Legge 104. Fatalità nei weekend e nei ponti.
Lavoreranno i colleghi. Vieni fuori. Perché
c’è il rischio di mettere casa nel sepolcro e di non rendersi più conto della
puzza dei tre giorni. Ecco la risurrezione: comincia oggi. Quando ascolti il Signore, lo lasci
agire e agisci con lui. E allora le dannate
nuvole iniziano a dissolversi e vedi qualcosa in più.
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