sabato 29 giugno 2013

Omelia 23 giugno 2013

Dodicesima domenica del T. O.

Non sempre una domanda chiede una risposta. Spesso chiede di essere dispiegata, affinché ceda quello che ha di più essenziale e dischiuda i riferimenti che si aprono quando ci si appropria di ciò che segretamente custodisce. La risposta, infatti, è solo l'ultimissimo passo del domandare. E una risposta che congeda il domandare annienta se stessa.
Sono parole del filosofo tedesco Martin Heidegger, (Nietzsche, 1961). Parole che ci fanno capire l’essenza del cristianesimo che, pur proponendosi come verità rivelata, non esaurisce la domanda dell’uomo nei confronti di Dio. E la domanda che risuona nel vangelo di oggi ben ci aiuta a capire quello che stiamo dicendo. Chi è Gesù? Duemila anni di storia cristiana, i pronunciamenti dogmatici, le più ardue speculazioni teologiche, le rappresentazioni artistiche, le più devote esperienze spirituali, niente e nessuno esaurisce il mistero di Gesù Cristo. Ed ogni uomo, credente o meno, è posto di fronte all’inquietante quesito. Chi è Gesù? Cerchiamo dunque di rimanere anche noi nella forza provocante di questo interrogativo per appropriarci – come dice Heidegger – di quello che segretamente custodisce.
1.    L’interrogativo si dà in forma avversativa. Ma voi. Poco prima infatti Gesù aveva chiesto ragione del pensiero della gente, raccogliendo variegate opinioni, non del tutto incomprensibili nel contesto di allora. Gesù però cerca una risposta differente, non riconducibile al talk-show. È un ma che dice una distanza e un’esigenza di fare i conti con una storia pazientemente costruita, con una frequentazione nella quale i discepoli hanno conosciuto qualcuno e qualcosa in maniera differente dalle folle. Ecco la prima direttrice per conoscere Gesù, per abitare il suo mistero: raccogli la tua storia con lui, la frequentazione che ti appartiene e ti ha messo in contatto con la sua vita, la sua parola, i suoi gesti. La rapida successione delle esperienze e il vaglio culturale che ne decreta talvolta la loro inammissibilità ci porta a credere che si tratti di antiche suggestioni che devono lasciar spazio a più moderni criteri di giudizio, magari desunti dall’ultimo libro di Dan Brown. Ma voi, ragionate con la testa di chi?
2.    Interessante è anche il fatto che la domanda venga posta al plurale: voi. E Pietro si fa interprete di questo voi, con la sua affermazione: Il Cristo di Dio. Ciascuno di noi al Signore è chiamato a dare la propria personale risposta di fede. Nessuno può sostituirsi alla fede dell’altro. E tuttavia la domanda di Gesù trova la sua chiarezza unicamente se rimane aperta alla condivisione credente. Riesco a dire chi è Gesù se mi arricchisco della fede dell’altro. La fede della Chiesa, la fede del successore di Pietro, la fede delle persone che mi hanno voluto bene. Non sono le speculazioni che ci generano come credenti ma le relazioni, quelle che ostinatamente ci pongono tra le mani un’eredità custodita nell’insieme. Se ci si allontana dal voi ecclesiale non si trova Gesù Cristo, ma le idee su di lui che possono trasformarsi anche in ideologie. Pensate agli stessi vangeli. Ci sono state delle epoche storiche segnate dal razionalismo che hanno preteso di separare l’autentica vita di Gesù, le sue parole e i suoi gesti da quello che era ritenuto un rivestimento operato dai suoi discepoli. Alla fine di questa operazione di pulizia ci si è trovati con un Gesù irreale e inconsistente, meno credibile di quello che si voleva mettere in discussione. Perché? Perché i vangeli sono stati scritti nella fede della chiesa e solo la salvaguardia di questo voi ci consente di conoscere Gesù.
3.    Ma dopo che Pietro ha dato la sua risposta, la domanda di Gesù continua. I discepoli sono posti di fronte ad una serie di riferimenti che nuovamente li interrogano: Il figlio dell’uomo deve soffrire molto. Non basta affermare che Gesù è il Cristo, il Messia atteso: bisognerà riconoscerne l’identità nell’oscuro mistero della pasqua, quando le tenebre e la morte sembrano avere il sopravvento. La domanda su Gesù Cristo rimbalza allora in tutte quelle situazioni dove ci pare di registrare la sua assenza, dove c’è una croce simile alla sua, dove siamo chiamati ad affermare: dopo tre giorni risusciterà. Il cristianesimo è la persistente domanda rivolta a Dio riguardo le inquietudini umane, ma è anche la tenace attesa di una risposta che non tarda ad arrivare in chi come Gesù, prende ogni giorno la croce e lo segue.  

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