sabato 26 gennaio 2013

Omelia 27 gennaio 2013

Terza domenica del Tempo Ordinario

Franz Kafka, celebre scrittore, così scrive all’amico Oskar Pollak nel 1904: «Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti dai boschi, via da tutti gli uomini, […], un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi».
La forza dirompente del libro. La fede cristiana non è religione del libro, ma nei suoi libri cerca la forza di un cambiamento, la scure che rompa il mare di ghiaccio che talora ricopre l’esistenza. Di che libro si tratta? La liturgia di oggi ce lo fa capire ponendo un libro in mano a Israele, uno in mano a Gesù e uno in mano ai cristiani.

1.    La prima lettura ci parla della solenne proclamazione del Libro della Legge. Israele era tornato dall’esilio a Babilonia, erano ripresi i lavori di ricostruzione del tempio e, in maniera inattesa, un mattino del settembre del 444 a.C. in un’intercapedine, viene scoperto un rotolo con gli scritti di Mosè. La gioia è incontenibile; Israele comprende che la fedeltà di Dio non è venuta meno, ma comprende che. per ricostruire autenticamente il proprio futuro. non deve mettere mano solo alle pietre, ma ad un atteggiamento fondamentale: l’ascolto. Il sacerdote Esdra dà dunque inizio alla proclamazione pubblica della Legge, dal mattino presto a mezzogiorno, mentre tutto il popolo tendeva l'orecchio al libro della Legge (Ne 8,3). Esdra sta in alto: non c’è libro più elevato di quello che viene letto e il popolo all’ascolto di quelle parole piange. Vi vede la sua storia, la fedeltà di Dio, la possibilità di un nuovo futuro. Un’immagine che sembra contrastare con questa nostra Europa che legge di tutto e sembra aver dimenticato quel libro da cui proviene la sua stessa origine. Esprimiamo riserve o addirittura ci scagliamo contro un’ora di religione a scuola, legandola a un’opzione, come se fosse opzionale per un ragazzo che cresce nel nostro Paese conoscere o meno la Bibbia e la storia di ieri e di oggi cui quello stesso libro dà origine. Viviamo di un pregiudizio laico che baratta il fascino di un’immersione con la paura della contaminazione e, per non essere nemmeno provocati dalla questione, la allontaniamo dalla vita e dagli interessi.

2.    Il secondo libro lo troviamo tra le mani di Gesù, in quel rotolo che egli apre nella sinagoga di Nazaret. È sempre la sapienza antica di Israele, il rotolo di Isaia, ma con una differenza. Gesù ad un certo punto riavvolge quello scritto, lo riconsegna e dice: Oggi si è compiuta questa scrittura che avete ascoltato. Con questo gesto e queste parole, Gesù ci fa capire che il nuovo libro da leggere è lui. In lui si riassume la parola che Dio ha detto in precedenza e in lui quella parola si compie. E Gesù ce lo fa capire con l’immediatezza dei gesti della carità: Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, a rimettere in libertà gli oppressi. Ricordate Kafka? Un libro è una scura che rompe il mare gelato dentro di noi. Il libro che Gesù ci consegna è questo: è il libro dell’amore, leggendo le cui pagine ci rendiamo conto che è questa la forza che ci fa uomini, che ci tiene in piedi. Pensate alla situazione di sovraffollamento delle carceri su cui sono ritornati, in questi giorni, i magistrati in occasione dell’inizio dell’anno giudiziario. Gesù ci chiama a proclamare ai prigionieri la liberazione e l’unico servizio sul carcere che vediamo in questi giorni alla TV è quello che riguarda Fabrizio Corona.  Il mare di ghiaccio ci ha già imprigionato.

3.    Il terzo libro è quello scritto da Luca. L’introduzione del suo vangelo ci ricorda la concreta vicenda del suo autore, quando ha preso stilo e pergamena e ha raccontato gli avvenimenti di Gesù. L’evangelista ha fatto ricerche accurate, ha consultato adeguatamente le sue fonti perché il suo interlocutore – Teofilo – possa essere persuaso della solidità degli insegnamenti ricevuti. La forza di un libro è anche la solidità di quello che ti insegna. Luca dice a Teofilo: vuoi strare in piedi? Leggi quello che ti scrivo. Verifica non solo il profilo storiografico ma anche la vita di cui ti parlo. E forse non sarebbe male se oggi, invece di attardarci in estenuanti e inconcludenti verifiche dei vangeli, barattate come scientifiche, andassimo al cuore di questi racconti per ritrovare che la vita che ne viene. Eviteremo di perdere tempo sul sacro graal o sulla moglie di Gesù e andremo un po’ di più a capire se la vita secondo il vangelo abbia ancora qualcosa da dirci e da dire.

Oggi si è adempiuta questa scrittura. Gesù ci consegna ancora il suo libro perché solidamente strutturi la nostra vita, perché possiamo riconoscere lui e perché continuiamo a rompere il mare di ghiaccio. Dentro e fuori di noi.

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