sabato 26 gennaio 2013

Omelia 13 gennaio 2013

Battesimo del Signore 2013

Nel nostro modo di salutarci è invalsa un’abitudine un po’ british nella quale, dopo il buongiorno, diciamo: “Come va?”. Di fatto non è detto che ci interessi sapere come vada all’altro, né l’altro ci tiene a raccontarci sempre qualcosa di sé. È un modo per sciogliere l’imbarazzo di un approccio o per arricchire una conversazione rispetto alla rarefazione degli argomenti. A volte possiamo pensare che anche l’approccio di Dio alla terra funzioni così, per darci un fugace saluto e chiederci un “come va?” di circostanza.
La festa del Battesimo del Signore, invece ci pone di fronte ad un’altra intenzione: il Figlio di Dio viene ad immergersi nelle nostre vicende, in una solidarietà che proprio quel gesto di profondità nelle acque del Giordano ci suggerisce. Dove si immerge il Signore?

1.    Si immerge, innanzitutto, nella nostra storia. Il Giordano è un fiume che racconta la storia di un popolo: per entrare nella terra promessa, Israele lo attraversa e da quel momento il corso d’acqua segnerà per sempre la storia della Palestina, fino ad oggi. Ecco che cosa vuole dirci il Signore: la vostra storia mi appartiene. Ci sono anch’io. Qui è custodita la bella notizia cristiana, quella di Dio che si fa compagno dei nostri giorni. E qui comincia la sfida, perché un Dio che si immerge in questo modo un po’ ci dà fastidio. Pensate al dibattito incandescente, non privo di ripercussioni elettorali, che si sta vivendo in queste ore a motivo della sentenza che apre la strada all’adozione a coppie omoparentali. Se ne sta facendo una battaglia ideologica in difesa dei diritti omosessuali, accusando di pregiudizievole oscurantismo coloro che esprimono perplessità o dissenso. E si adducono motivazioni del tipo: le persone omosessuali sano voler bene più degli altri. Oppure: piuttosto che un bambino non abbia nessuno… Allora. Bocce ferme. Qui non si sta dicendo che le persone omosessuali non siano capaci di voler bene, ma che un bambino crescendo ha bisogno dell’amore di un padre e di una madre, come del resto sancisce anche la carta dei diritti umani. Per una questione di identità che si costruisce nel paziente gioco di riconoscimento di uguaglianza e diversità. È vero che ci possono essere situazioni in cui un figlio cresce solamente con un genitore, ma questa, per quanto diffusa, è una situazione di emergenza rispetto ad una norma che deve salvaguardare il bene e non solo la momentanea evenienza.  Ecco, il Signore, immerso nella nostra umanità ci chiede forse rispetto per l’umanità delle persone omosessuali, ma anche per l’umanità di un bambino, anch’egli soggetto di un diritto alla vita e all’amore che non può essere collocato tra i saldi di questi giorni. 

2.    Una seconda immersione il Signore la fa per sostenere una lotta. La lotta contro le potenze del male che tengono prigioniero il cuore dell’uomo. L’acqua per Israele, che non è un popolo di navigatori, dice profondità minacciosa, paura, morte. Il leviatan è il mostro marino che si muove negli abissi e che terrorizza i naviganti. Ma quell’acqua tumultuosa è abitata da una nuova forza, che dalla paura ci libera. Viene uno che è più forte, assicura Giovanni. La nostra storia non è condotta solo dalle vicende del quotidiano, ma anche da un sotterraneo che talvolta ci inquieta. È il nostro passato che talvolta condiziona pesantemente il presente e il futuro. Quell’esperienza che non vorremmo avere mai fatto o, viceversa, quell’occasione che non abbiamo saputo cogliere: rimorsi e rammarichi, con tutto ciò che portano con sé. Ecco il leviatan, una sorta di grande invertebrato, fatto di sensi di colpa, risentimenti, delusioni, rabbia, tristezza. Se quel passato lo vivi da solo, può farti paura: diventa un’ombra che si ingigantisce sempre più. Se lo vivi con Cristo, trovi qualcuno che lo condivide e lo apre alla speranza. Invece di macerarti nel tuo passato e tentare di seppellirlo col terrore che ogni tanto si risvegli, prova a portarlo al Signore. E come?

3.    È la terza immersione a suggerircelo. Dopo il Battesimo, infatti, Gesù se ne sta in preghiera e si immerge in un’esperienza che conosciamo e possiamo frequentare: la preghiera. Se vuoi trovare Gesù immerso nella vita, nella tua oscurità, nelle vicende umane devi immergerti nella tua e sua preghiera. È per questo che ogni nostra preghiera a messa finisce dicendo: per Cristo nostro Signore. Perché ci fidiamo di lui che prega con noi. Questo è il modo con cui ci liberiamo da alcune situazioni. Perché quando preghi cominci a vederle in modo diverso, a ridimensionarle, a trovare delle risorse spirituali, ad affrontare anche gli altri in maniera diversa. Senti soprattutto la voce del Padre che dice anche di te le stesse cose di suo Figlio: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Se c’è un Dio che ci accompagna in questa maniera, che cosa può farci paura?
Il Battesimo del Signore è l’affermazione di questa vicinanza che ridisegna la vita. Non un “come va?” di circostanza, ma l’immersione nella vita perché sia vera e non vada perduta. La vita con Dio e la vita di Dio. Che diventa la tua.

Nessun commento:

Posta un commento