domenica 23 dicembre 2012

Omelia 23 dicembre 2012

Quarta domenica di Avvento

In Turchia, il governo incoraggia una politica di sviluppo del settore tessile mediante la quale insegna alle donne l’arte del tappeto e le avvia al lavoro impegnandosi ad acquistare i loro prodotti. E i turisti sono invitati a visitare i laboratori artigianali dove, su telai di antica fattura, le giovani tirocinanti, con grande perizia, sui fili dell’ordito intrecciano trame di vario colore. Il senso di quel gioco velocissimo sfugge all’occhio inesperto, ma solo finché il pettine non compatta la lana e robuste forbici non ne tagliano l’eccedenza. Ecco allora il disegno, in tutta la sua bellezza. Anche nella nostra vita funziona così. A volte vorremmo scorgere un disegno, ma vediamo solo dei nodi confusi che ci deludono o ci pongono di fronte alla tentazione di andarcene. Anche Maria di Nazaret oggi vive un simile disagio. L’angelo l’ha resa partecipe di un disegno che non solo sembra improbabile, ma addirittura la espone al sospetto e alla condanna altrui: attendere un figlio illegittimo corrispondeva infatti alla lapidazione. Come ne esce la Vergine Madre? Come individua il progetto complessivo?

1.    Anzitutto, Maria deve fare chiarezza. L’angelo, il Figlio dell’Altissimo, lo Spirito Santo… Da dove partire? In mezzo a tanta solennità c’è un luogo conosciuto, un segno che può trovare verifica: Elisabetta, tua parente, nella vecchiaia ha concepito un figlio ed è al sesto mese. Maria si mette in cammino per scorgere gli inizi di qualcosa di inedito su esperienze già note. C’è stata una parola che ha indicato una novità e Maria si mette su quella traccia. E quando arriva dall’anziana parente, ecco che Maria inizia a capire: capisce che Dio è al lavoro, capisce che è il Dio della vita, capisce che di quella parola detta e ascoltata ci si può fidare. Così funziona anche nella nostra vita. A volte vorremmo che Dio ci sorprendesse con segni eclatanti, miracolistici. Ma il segno da cercare è quello della novità su esperienze già conosciute, dalle quali Dio riparte. Pensate ad esempio alla crisi. I regali di Natale non sono più quelli spensierati di un tempo, almeno per alcune persone. E pensate a com’è difficile non fare un regalo se lo si è sempre fatto. Ma questo ci fa capire l’esigenza di invertire alcune logiche fatte di consumo, ci fa capire che il regalo è già custodito a casa nostra, ci apre a gesti di sobrietà e di solidarietà. Ecco dove Dio ci aspetta: su un terreno conosciuto sta liberando qualcosa di nuovo.

2.    Maria però non compie un percorso solitario. Cerca la cugina Elisabetta che vive una situazione analoga alla sua. Due madri in attesa. E ciascuna percepisce il fremito di vita che l’altra porta con sé. Saluti, benedizioni, bambini che esultano nel seno. Se vuoi trovare i segni di Dio devi parlarne con chi è in grado di coglierli e di condividerli. A volte oggi noi perdiamo le prospettive evangeliche dell’esistenza proprio per questo deficit interpretativo. Non c’è difficoltà nel parlare delle nostre cose, neanche di quegli aspetti che domanderebbero riserbo. Ma com’è difficile parlarne da cristiani. Pensate ad esempio ai momenti in cui viviamo dissapori o tensioni con qualcuno. Parlarne può esserci di aiuto, ma non è detto che l’interlocutore che troviamo ci suggerisca le strade di Dio. A volte può indicarci quelle della rivalsa, della ripicca, dell’abbandono. Pensate a come nelle tensioni coniugali stia sparendo, ad esempio, la parola perdono. Certo, non è sempre facile trovare un interlocutore che ci indichi le strade di Dio, ma qualche volta, siamo anche noi a non volerle intravvedere, rivolgendoci a chi la pensa come noi, a chi può essere un facile alleato, a chi ci dà ragione. Ma la ragione in greco ha un nome: logos e il logos cristiano è Gesù Cristo. Cerca qualcuno che ti aiuti a trovare questa ragione. Altrimenti l’esistenza diventa un talk-show. Abbiamo dato spettacolo per un’oretta ma la nostra vita non è cambiata. Cerca un confronto capace di suggerirti parole di vangelo, la posta di Dio e non solo C’è posta per te.

3.    Infine i segni di Dio recano con sé il sussulto gioioso in chi incontri: Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. Quando Dio è in azione, la vita di chi ci è affidato diviene una danza. E questo è un segno che il suo progetto si sta compiendo. Per chi diventi danza? Ieri, il Parlamento ha chiuso i battenti senza giungere all’approvazione di quel decreto che doveva favorire la conversione della detenzione carceraria in altre pene. E non solo non si è approvato il decreto, ma la Legge di stabilità ha tagliato anche l’esiguo fondo destinato al lavoro nelle carceri, una delle poche possibilità di riscatto. Inneggiamo a Benigni che parla di costituzione ma ci dimentichiamo l’art. 27 che dichiara: Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Vedere le diverse misure con cui determinati raggruppamenti politici sono garantisti con chi è fuori e manettari con chi è dentro, ti porta a chiedere se non abbiamo confuso la danza di Dio con un balletto opportunista molto lontano dai suoi disegni. Anche Maria di lì a pochi versetti, nel Magnificat, ci comunicherà la sua danza, ma essa parte dalla persuasione di esserlo innanzitutto per altri. Fa’ danzare gli altri secondo il vangelo e un po’ alla volta vedrai danzerà anche la tua vita.

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