sabato 6 agosto 2011

Omelia 31 luglio 2011

Diciottesima domenica del T. O.

«O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte». Vorremmo che queste parole del profeta Isaia potessero essere rivolte alle popolazioni della Somalia vittime di una grave carestia che mette in pericolo la vita di 12 milioni di persone, 2 milioni dei quali bambini. A partire dal mese di gennaio, oltre 96.000 persone sono fuggite in Kenya, più di 74.000 in Etiopia e circa 2.500 a Gibuti, Paesi a loro volta colpiti dalla più drammatica siccità nella regione degli ultimi 60 anni. Ci piacerebbe che Gesù operasse anche oggi la moltiplicazione dei pani affinché tutti mangiassero a sazietà. Ma se il miracolo è possibile, esso avviene, oggi come allora, mediante Gesù e i discepoli, con le sorprese di cui lui è capace e con la nostra responsabilità. L’evangelista Matteo, più di ogni altro, ricordando questo episodio vuole sollecitare la comunità cristiana a non dimenticare i gesti di Gesù: Spezzò i pani, li diede ai discepoli e i discepoli li diedero alla folla. Anche in Somalia. Come si realizza tale eventualità?

1.    Anzitutto evitando i congedi. Il luogo è deserto ed è ormai tardi. Congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare. Si congeda la folla perché in realtà da essa ci si intende congedare. Teniamoci a debita distanza. Pensate proprio alla Somalia e pensate se essa trovava posto nell’ultimo telegiornale che avete visto. Eppure il deserto libico ci viene proposto con regolarità. Forse perché in quello somalo non cresce alcunché mentre in quello libico qualche interesse lo portiamo a casa, magari non subito. Il deserto più minaccioso non è quello esposto alla carestia ma quello dell’indifferenza e della superficialità vacanziera: dopo tutto anche noi abbiamo i nostri problemi e, se non vediamo l’esodo del Corno d’Africa, vediamo però quello estivo con quegli insistenti servizi TG che ci presentano le file inquietanti di auto sulla Salerno-Reggio! Non possiamo mica far fronte a tutti i problemi del mondo: congeda la folla dei disperati perché vada altrove: noi siamo al casello! Gesù riapre la sfida della partecipazione e dell’interesse: Voi stessi date loro da mangiare. È questa provocazione che inizia a sottrarre spazio al deserto. A quello fisico e a quello del cuore: di entrambi Gesù è preoccupato.

2.    Un secondo atteggiamento è il calcolo delle possibilità. Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci, dicono i discepoli. Portatemeli qua, risponde Gesù. I discepoli ragionano con la loro stretta logica quantificativa, guardando dentro la borsa. Gesù si guarda intorno e fa sedere la gente sull’erba. Ma come? Non era un luogo deserto? Quando ti accorgi dell’altro e lo fai sedere accanto a te inizia spuntare l’erba. Se guardi solo la borsa ne rimani imprigionato: tutto si risolve al suo interno. Se ti guardi intorno forse scopri nuove possibilità. Pensate a come in questo periodo siamo preoccupati della borsa: della borsa in mano a Tremonti, dei listini di Borsa, della borsa della spesa. Il vangelo sembra indicarci una strada di solidarietà della quale anche i ferrei principi dell’economia si stanno rendendo conto nel tempo della globalizzazione. Perché se il cibo si concentra su un terzo dell’umanità, gli altri due terzi lo verranno a cercare. Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci. Partiamo da qua. Partiamo ad esempio da quei 200 quintali di pane che ogni giorno a Roma finiscono nelle immondizie. Forse qualche pagnotta fa la stessa fine anche a casa nostra. Partiamo dallo scandaloso business del cibo per cani e per gatti: ora anche per gatti sterilizzati. Certo, forse non avendo altre soddisfazioni diamogli il salmone migliore e quando muoiono portiamoli in elicottero in Costa Smeralda! Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Ciò che sazia l’uomo è solamente l’altro, riconosciuto e accolto.

3.  Ma Gesù non si limita al pic-nic. Il gesto della condivisione avviene perché c’è quello della benedizione. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione. Gesù si guarda intorno e guarda in alto, cerca il Padre suo, il suo progetto di salvezza sull’umanità. Il pane si moltiplica se scopri che c’è un Dio che ha a cuore la situazione di tutti i suoi figli, che la destinazione dei suoi beni è per tutti, che egli grida con la voce del povero, anche con quella che vorremmo zittire. E dobbiamo ricordarcelo noi, paesi occidentali, tentati dall’indifferenza religiosa e dal secolarismo. E se lo devono ricordare anche coloro che in Somalia in nome di un Islam fanatico e ostile hanno scatenato la guerra civile per diffondere un integralismo che in nome di Dio pretende di imporre sudditanza e controllo. Che Dio hai incontrato? Se ogni domenica ti ritrovi in questa chiesa per spezzare il pane in nome di Dio, questo gesto non può che diventare il tuo stile. Uno stile che crea nuova mentalità e uno stile che crea solidarietà, nelle parole e nei gesti, in ciò che si deve mantenere e in ciò che si può cambiare.

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