sabato 26 settembre 2020

Omelia 20 settembre 2020

 

Venticinquesima domenica del T.O.

È morto don Roberto Malgesini, un prete pieno di carità, ucciso da uno di quei poveri cui ogni mattina portava la colazione. Troppo buono, ripetevano in tanti. Ma forse, troppo è il nome di Dio e per i suoi discepoli troppo non può che essere la forma della loro vita. Ce lo dice anche la parabola di oggi con un padrone troppo buono che fa girare le scatole a quelli che lo vorrebbero troppo giusto. Un’altra parabola che sovverte la nostra idea di Dio, che ci dice che lui è oltre le nostre rappresentazioni, anche le nostre ponderate e religiose aspettative. I miei pensieri non sono i vostri pensieri. Vediamo come funziona questo Dio. L’azienda, l’ingaggio, la retribuzione.

1.    L’azienda: Dio ha una vigna. La vigna è qualcosa di bello, è l’appezzamento cui tieni di più. La vigna racconta una storia, custodisce progetti, raccoglie attese. Non è un campo di cetrioli. Con questa immagine Dio descrive la terra che ha in mente, quella per cui lui si spende e quella per la quale ti chiede di collaborare. Don Roberto credeva in questa terra: la terra della fraternità, della solidarietà, dell’inclusione. È una terra ben diversa da quella dei tre giovani che hanno ucciso Willy, che percepivano il reddito di cittadinanza frequentando hotel di lusso e correndo con macchine fuoriserie. Terra di violenza, di sopraffazione, di imbroglio, di ruberie. Cosa stai coltivando? In quale campo lavori? La violenza diffusa tra i ragazzi ci domanda attenzione sui modelli che stiamo loro proponendo. Non solo quelli delle furberie e della prevaricazione, ma anche quelli del nulla e dell’evasione, della vita il cui obiettivo è il video su Tik-Tok e i like che porti a casa. 

2.    L’ingaggio. Un altro aspetto importante di Dio e che lui non si stanca di chiamare. A tutte le ore. E non gli dispiacciono neanche i last minute. L’ingaggio è sempre possibile. Perché non è questione dell’azienda in cui entri: è questione di te, della tua vita. L’azienda sei tu e, pur di averti, Dio apre per cinque volte al giorno l’ufficio di collocamento. Sabato iniziano i corsi di preparazione al matrimonio. Vedili come un’occasione di ingaggio che Dio ti rivolge, ma non immediatamente per sposarti in chiesa, bensì per dare forza alla tua vita di coppia, a quella relazione che hai messo in piedi. Non è mai troppo tardi per parlarsi, per verificare alcune dinamiche. Altrimenti sei preoccupato della casa, del mutuo, del lavoro, del figlio che magari nel frattempo arriva. E non hai mai verificato il rapporto con il tuo compagno. Vivete insieme ma siete due galassie che non si incontrano più. Entra nella vigna, entra in una progettualità. Non consegnare all'ozio la tua relazione di coppia. Non è mai tardi per essere quello che puoi essere. In famiglia, a scuola, nel lavoro, nel volontariato, in parrocchia.

3.    Infine l’aspetto più delicato: la paga. Uguale per tutti. Qui è l’aspetto più sconcertante di Dio: non funziona in base ai meriti tuoi, ma in base ai meriti suoi, quelli dell’amore, libero dal calcolo, abbondante, sorprendente. Con te ha pattuito una ricompensa: l’hai avuta, perché ti dà fastidio che la prenda anche l’altro, uguale alla tua? Perché a volte ci prende l’invidia? L’invidia nasce dalla sensazione che l’altro sia stato più fortunato. Lui si è divertito, io ho lavorato. Io mi sono comportato bene, lui si ne ha fatte di cotte e di crude. Gli operai della prima ora brontolano perché loro hanno sopportato il peso della giornata e il caldo. L’unica cosa che registrano è la fatica in un lavoro che sembra più una schiavitù che un’opportunità. Qui è il problema. L’invidia nasce quando pensi che l’ozio sia meglio del lavoro, lo sbragamento meglio dell’impegno, il billionaire meglio della tua giornata di lavoro, l’avventura meglio di un progetto famiglia, il bar meglio del volontariato. La differenza non è in quello che otterrai, ma in quello che hai vissuto, nella passione che hai messo, nelle ore di lavoro in cui hai creduto di realizzare qualcosa di bello. Se qualcuno ci arriva dopo a scoprire questa realtà per Dio è una gioia, ma a te non toglie nulla di tutto il bene di cui sei stato artefice. Allora lascia da parte le rivendicazioni sindacali. Riscopri il pezzo di vigna che il Signore ti affida: se già stai lavorano vivi il tuo lavoro con gioia, se scopri di essere disoccupato, guarda che il Signore sta ancora passando e rinnova l’invito: Va’ anche tu nella mia vigna.

2 commenti:

  1. Mi mancate tutti molto. Le persone che se ne sono andate, non se ne sono mai andate: queste le prime a bussare spesso nel ricordo, ospiti increduli, che non vedono, che non sanno di essere amati e accolti così, per quanto non abbiano raccolto le mie mani.



    Corre la dimenticanza, l'esclusione in questo tempo. Nostro Signore ama tutti i tempi e tutti noi, per quanto cattivi, mai troppo buoni, buoni come Lui solo è. Che ci possa riconciliare in qualche misterioso disegno Suo d'amore, che possa ritrovare suo volto di docente e amico, sventurato benefattore per un giorno o poco più, prima del dopo. E con lei molti altri. È bestiale quel che avviene; naufragi esistenziali sotto ai vostri occhi di pastori avvengono ogni giorno - e che cosa hanno di diverso da quelli marittimi? Dispersione di corpi, angoscia di annaspare senza aiuto alcuno. Un giorno, un anno, una vita. Come essere accoltellati alle spalle. Dalle parole e dalla loro assenza. Dalla carenza di carità oggi. Dal disprezzo che corre nei social, cinismo odierno mentre un Dio fattosi Uomo s'impegna a prenderci sul serio interamente, follemente innamorato, perché siamo suoi figli.

    Non sono una stalker, non sono una modella, non sono una golf.
    Le voglio bene e l'abbraccio.

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  2. Mi scuso la chiosa volgare. Lo vede come si può essere autodistruttivi? Come si può accartocciarsi nel ricordo di un sorriso negato e caro? Come i vuoti pesanti fanno deragliare ancora? Dove arriva l'umana disperazione?

    Non si preoccupi, non cercherò mai chi non ha nessuna intenzione di parlarmi, vedermi, a Godego come a Vittorio Veneto. Cercavo di mettere a fuoco una chiamata reale, progredire insieme un cammino, una esperienza che è l'unica che resta in piedi di questa vita, esperienza di amore fedele, esperienza di amore trinitario.

    Lo vediamo, fuori tanto crolla, pericolante. Ma altrettanto fiorisce, piccolo e glorioso, conquistato a Lui. Dire che non voglio continuare a vivere un tempo sigillato di indifferenza, dove i crimini vengono filmati come bravate adolescenziali, e non voglio nel modo più chiaro vivere una terza guerra mondiale, non significa rinunciare a essere focolare, segno e amico Suo, fratello, sorella, corpo abitato e scaldato di Presenza, a volte allo sbando, lontano da casa, senza una casa che non sia quel Suo Sguardo d'Amore che ci riunisce e viene a cercare.

    Soffriremo insieme ancora molto spalla a spalla. Muterà questo tormento in gioia.

    Stia bene e in forze. Qui non si riesce più da tanto e la tristezza di poter ritrovare un volto caro come suo postmortem e con molta fatica e tribolazione, annienta ancora oggi.

    Fare Issr è stato bellissimo, mi ci portava lo Spirito d'Amore e la necessità di raccogliere strumenti e camminare insieme davvero, cominciare, riorientarsi tutto.

    L'abbraccio

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