domenica 4 agosto 2019

Omelia 4 agosto 2019


Diciottesima domenica del T. O.

Johann Caspar Lavater è stato uno scrittore, filosofo e teologo svizzero di fine ‘700. In una sua riflessione afferma: Non puoi dire di conoscere un uomo finché non hai diviso un’eredità con lui. Forse ha ragione. Perché l’eredità può trasformarci e tirar fuori la parte peggiore di noi. Un solco di terra si trasforma in una trincea, le perle di una collana che diventano pallottole, persino i regali del matrimonio fatti dai genitori ad un figlio diventano parte il computo nel momento in cui si dividono i beni di un padre e di una madre. Ma quel che è più angosciante è che non si dividono i beni: si dividono le persone, le famiglie, i fratelli e le sorelle con strascichi che continuano da una generazione all’altra. E ci si consegna ad un’esistenza infelice, in cui, prigionieri delle nostre ragioni, perdiamo la ragione più grande della vita: volerci bene. Ecco perché Gesù risponde in maniera secca a chi gli chiede di entrare in una questione di eredità. «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». Chi si occupa di divisione è un altro. È il divisore, il diavolo, colui che confonde, che sovverte i riferimenti importanti della vita, che soffia sul fuoco di una presunta giustizia per allontanarti dagli altri.  

Gesù ci dà alcuni consigli raccolti in una prospettiva di verità:  «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Dove sta la vita vera, la vera ricchezza? E racconta una parabola.

1.  Che granaio stai costruendo? Anzitutto un uomo ricco, i cui affari vanno molto bene. Non è mica cattivo, neanche disonesto. È uno che sa fare gli investimenti giusti. Ma vede solo il profitto, i granai. E ad un certo punto c’è bisogno di ingrandire l’azienda. Prosecco: perché dobbiamo tenere un bosco a Miane o i Prai a Godego? Tutto questo spreco di territorio: aspetta che mettiamo giù altro vigneto! E tutto secondo la legislazione vigente. Eventualmente si paga una multa, tanto quei soldi li riprendiamo. Gli affari sono affari. Qual è il problema? È la restrizione del concetto di ricchezza. Vedi solo quella economica. Hai perso di vista quella ambientale, quella della salute, quella relazionale. Hai in mente il business e quello diventa il tuo Dio. A cui bruci i tuoi incensi a prescindere da chi li respira, a cui tributi il tuo tempo perché non c’è più un momento di riposo, a cui guardi con disappunto e sospetto quando i filari sono piegati dalla bufera, dal vento e dalla grandine, forse perché quel Dio non riesce a proteggerti del tutto. La vita dell’uomo non dipende dai suoi beni. Cerca la ricchezza vera, sta attento ai tuoi investimenti. Chiediti che cosa stai guadagnando. E se non vedi oltre il granaio, forse c’è qualcosa che non va.  Ernest Hemingway dice: Un’eredità mi ha lasciato mio padre… Mi ha lasciato la luna e il sole; e anche girando tutto il mondo non riuscirò mai a spenderla. Cosa ti ha lasciato tuo padre, cosa lascia ai tuoi figli?

2.  L’attesa falsa di un tempo ulteriore. Mentre il ricco fa i suoi progetti grandiosi, pensa ad un tempo futuro: Poi dirò a me stesso… riposati. Quando arriva questo tempo, questo poi? Non arriva mai: perché il lavoro diventa una droga, il guadagno è sempre inferiore ai budget previsionali e tutto è indicizzato a un riposo che viene dilazionato sempre più. "Quando andrò in pensione farò volontariato". E poi in pensione lavori più di prima perché cerchi un'altra occupazione per arrotondare...  “Per ora devo pagare il mutuo e devo lavorare un po’ di più, ma poi…”. E quel mutuo intanto ti ruba a tua moglie, ai tuoi figli, tanto che anche d’estate li porti “in vacanza dai nonni” e non senti le domande con cui quei bambini li interrogano continuamente : “Ma quando arriva la mamma?”. Stai attento ai poi della ricchezza perché essi ti spodestano del presente, di stagioni della vita che non troverai mai più e anche di figli che cresceranno segnati da scelte che li vedono retrocedere nella classifica delle tue priorità. Un conto sono le difficoltà economiche che una famiglia deve affrontare, stringendo i denti, un conto è il di più. E non nasconderti dietro al dito: “Non è la quantità del tempo che è importante, ma la qualità”. Balle. Prova a dirlo a tuo figlio guardandolo negli occhi, se ne hai il coraggio.

3.  L'ideale di vita. Immaginando il futuro che non verrà, il ricco ci offre una descrizione del suo ideale di vita. “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ricchezza a servizio dei bisogni immediati e del divertimento. Il ricco crede che qui ci sia la vita: per molti anni. Ma è un ulteriore inganno. Un inganno che prende anche il mondo dei ragazzi e dei giovani che nel divertimento non incontrano solo criminali balordi, come quelli  che hanno seminato morte in discoteca a Corinaldo, ma anche un assetto generale in cui domina il vuoto, la superficialità, il nulla. Quello che appartiene a un personaggio come Sfera Ebbasta che nei giorni della tragedia ci ha interrogati per lo stile, i contenuti volgari delle sue canzoni, i messaggi provocatori  che porta con sè. Ma, guarda caso, improvvisamente costui è stato inserito tra i giudici di X-Factor e miracolosamente è sparita ogni riserva. Complimenti, gran bel messaggio! Perchè? Perchè l'assetto ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti fa guadagnare, ti rende convincente, anche se è follia che ci perde: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita... E' la stoltezza di chi è vittima di un vortice di divertimento assurdo ma anche di una società che se ne guarda bene dal contrastarlo, perchè altrimenti diventi impopolare. E per non perdere in popolarità perdiamo i ragazzi, la vita, il suo senso. Non è il caso di pensarci? Quale eredità stai lasciando?  Vanità delle vanità, dice Qoelet. La parola ebraica indica la foschia. Attento a non inseguire la nebbia. Attento a ciò che passa e a ciò che resta. Fa’ in modo che la ricchezza che cerchi sulla terra ti porti a riconoscere anche un pezzo di cielo, quello che ti può appartenere, quello che puoi dischiudere anche agli altri. 




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