Funerale
Angelo Moresco (18 giu. 2018)
(Rom 8,31-35.37-39
/ Mt 6, 25-34)
Quando la vita ci sorprende con i suoi
imprevisti possiamo rimanere disorientati, arrabbiati, tristemente rassegnati.
Possiamo
passare da un giornale all’altro recuperando la cronaca, indagando le cause che
hanno determinato una tragedia, come se le informazioni tecniche fossero
risolutive.
Possiamo cercare rifugio nelle parole della
vicinanza e del cordoglio, peraltro necessarie, sentendo però che esse solo fino ad un certo punto
riescono a rompere il silenzio che vorremmo vincere.
Possiamo anche cercare un veloce riaggancio
alla vita, ai suoi ritmi consueti, ma quando la morte ci ruba qualcuno di caro,
la vita non è come prima e siamo poco convinti che the show must go on.
Ci rimangono strade di fede. La vicenda
cristiana non ignora le domande dell’uomo, non ci risparmia l’inquietudine generata da alcuni eventi e non ci sottrae dall'esigenza di essere accanto a chi
maggiormente patisce la scomparsa di una persona cara: Antonella, Angela,
Alberto, i fratelli, la famiglia, l’azienda, gli amici.
Nello stesso tempo la fede cerca di
percorrere strade di verità legate alla vita e al suo senso, ai percorsi degli
uomini e ai confini che incontrano, a quello che si vede e si tocca e a quello
che talvolta ci sfugge.
Su questi terreni poco frequentati il Signore ci dà appuntamento, per restituirci un po’ di sapienza in più e per accogliere le stesse persuasioni che Angelo oggi meglio potrebbe capire e farci capire.
Ci sono tre movimenti della sua vita che costituiscono una forte
provocazione, per come li ha vissuti, ma anche per i significati
che portano con sé: l’immersione, la corsa, il volo.
1. Immersione. Angelo
aveva un brevetto subacqueo e quel mondo sommerso lo affascinava, portando ogni
volta in superficie il ricordo dei fondali misteriosi, della fauna marina
incontrata, delle sorprese che la natura sapeva creare. E in quel mondo aveva
sovente trascinato moglie, figli e molti dei suoi nipoti, contagiandoli con il
suo entusiasmo. Immergersi. A volte
ce lo dimentichiamo, ma nell’immersione è custodita la pagina primordiale della
nostra vicenda credente. Battesimo
vuol dire proprio questo: immersione.
Non nei fondali caraibici, ma in quelli del mistero di Gesù Cristo, della sua
morte e risurrezione, del suo amore. Io
ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Vuol
dire: Guarda che da questo momento sei immerso in una relazione d’amore,
nell’abbraccio di un Dio che apre la sua famiglia anche per te. Un Dio che ti
avvolge di tenerezza, ti accompagna con fedeltà, non ti perde neanche quando tu
ti perdi. Ce l’ha ricordato S. Paolo: Fratelli,
se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? …Chi ci separerà dall'amore di
Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità,
il pericolo, la spada? Dio ha stipulato una garanzia che sottrae la nostra
vita al più devastante dei nostri nemici, la morte. Perché anche lui è morto e
morendo è entrato in casa della morte e l’ha sconfitta. Io sono persuaso che né morte
né vita,… né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né
alcuna altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù,
nostro Signore. Immergiti in
quell’amore, ritrova il tuo battesimo, mantieni il tuo contatto con Dio e non
lo abbandonare mai. Perché in quel legame c’è la tua vita, la mano che ti
strappa dalle funi della morte.
2. Corsa. Angelo
però è anche l’uomo della corsa. Corsa vera e propria, perché in macchina non
aveva certo paura dell’acceleratore. Lui alzava sistematicamente l’asticella
del limite, cercava il brivido e qualche volta lo faceva venire anche agli
altri… Ma la corsa di Angelo era anche quella dell’ambiente di lavoro, di
un’azienda gestita con i suoi fratelli. E di questa corsa quotidiana, fatta
impegni e responsabilità, di budget e di verifiche contabili, di tensioni e di
“eliche umorali” che giravano vorticosamente... sorprendeva la capacità di Angelo di
dedicare tempo anche agli altri. Perché, fosse un famigliare, un amico o un
cliente, lui c’era. E c’era non per compiacenza o buona educazione, ma con
l’entusiasmo e la verità. Hai bisogno? Ci
sono! Ecco, anche noi nella vita corriamo abbastanza. E la corsa a volte ci
travolge o travolge le persone che abbiamo vicino. Prova a fare due conti,
sembra dirci oggi Angelo, forse mettendo in discussione anche le sue stesse
corse. Prova a vedere se correndo hai trovato ciò che conta o ti sei perso
qualcosa per strada: i valori importanti della vita, la capacità di non
prenderti troppo sul serio, il tempo dato alle persone, la tua vita interiore. Guardate gli uccelli del cielo, ricorda
Gesù. Non seminano e non mietono, eppure
il Padre vostro li nutre. Guardate i gigli del campo, chi è vestito come loro? Non
è l’invito all’irresponsabilità ma a ritrovare le corrette misure
dell’esistenza, quelle che qualche volta ci sfuggono dandoci l’illusione che
sia tutto nelle nostre mani e che tutto dipenda da noi. Fermati, respira. L’onnipotente è un altro. E se chi ha fatto le
auto ha pensato di dotarle di un acceleratore e di un freno, forse un motivo ce l’aveva. Ogni
tanto, ricordati dell’altro pedale...
3. Volo. E qui possiamo recuperare il terzo movimento di Angelo: il volo. Volare, dalla
notte dei tempi, è il sogno dell’uomo e anche la passione di Angelo era nata da
un sogno che lo aveva particolarmente colpito, tre anni fa: lui che pilotava un
aereo e che lo faceva conoscendo a perfezione tecniche e strumentazione. E così
in gran segreto si era iscritto al corso di volo. Forse era il modo con cui
Angelo arrestava la corsa lavorativa e ritrovava se stesso, la sua interiorità,
la semplicità del bambino che osserva e si stupisce. Perché, quando scendeva, i
suoi racconti erano ricchi di paesaggi, di monti e torrenti, di aquile, di
camosci, di meticolose descrizioni delle sue traiettorie. L’aliante. Catturare
le correnti e salire in alto, lasciarsi portare da una forza che non generiamo,
che non ci appartiene. Sembra la metafora della vita con Dio perché anche lui è
un appassionato di volo e attraverso le sue correnti ci porta in alto. Non
sappiamo bene quale fosse il rapporto di Angelo con il Signore, ma forse il suo
ultimo volo ci ricorda un’ascensione più elevata di quella stabilita
dall’altimetro dell’aliante, quella dei nuovi cieli e della nuova terra che Dio
tiene in serbo per noi. Quando sabato Angelo tardava a rientrare, qualcuno diceva: «Forse ha trovato la corrente giusta».
Qual è la corrente giusta? È quella che non ci schiaccia e sempre ci ricorda
che la nostra vita è fatta ci cielo, di varchi oltre il visibile, di residenze non costruite dalle mani degli uomini. Al Cielo affidiamo dunque Angelo; Dio lo
liberi da ogni zavorra che può aver appesantito la sua vita, gli apra gli
orizzonti dell’eterno e restituisca anche a noi tutti un po’ di passione per il
volo, per non essere imprigionati dalla terra e affidarci sempre a correnti
ascensionali. Quelle che Dio ci regala e nelle quali continua a darci appuntamento.
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