domenica 2 ottobre 2016

Omelia 2 ottobre 2016


Ventisettesima domenica del T. O.

Marina Nalesso, giornalista del Tg1, nei giorni scorsi è stata oggetto di forti critiche sui social network per essere apparsa in TV con una collana da cui pendeva il crocifisso. Lo sappiamo: l’affermazione pubblica del cristianesimo oggi dà fastidio. Ci scontriamo con un laicismo guardingo e rabbioso che ne vorrebbe cancellare i segni relegandoli alla sfera privata. Ma non è solo una battaglia tra esterno e interno del cristianesimo. A volte anche gli stessi cristiani sono indeboliti nella loro testimonianza e vivono una relazione con il Signore in maniera un po’ blanda ed ambigua. Oggi l’aggettivo che seduce è: easy. Leggero, facile. E vorremmo tutto easy, anche la fede, in modo da non sentirla troppo addosso, in modo che non sconvolga le scelte che abbiamo già fatto. Ti sposi in chiesa ma è come se rimanessi fuori, iscrivi tuoi figlio alla scuola materna parrocchiale ma non capisci tutta questa religione, ti piace tanto papa Francesco ma di quello che dice prendi solo gli slogan. La questione però si poneva già agli inizi del cristianesimo, tanto che gli apostoli, rendendosi conto dele esigenze che indica loro Gesù, gli chiedono: «Aumenta la nostra fede!». Ecco, com’è che aumenta la fede?

1.    Anzitutto Gesù dice che ne basta un granello. Ma non un granello di sabbia, un granello vivo, come il seme di senapa. Non importa poca o tanta, grande o piccola: importa che la tua fede sia viva. Quand’è che una fede è viva? Quando non rimane inerte sul terreno dell’esistenza, quando freme, mette germogli e radici. Prova a vedere se c’è una piccola zolla che si alza spinta dalla forza di Dio. Qualcuno di voi accoglie a casa i bambini di Cernobyl. Ebbene nei mesi scorsi è uscito un articolo su Fabrizio Pacifici, l’ideatore di queste vacanze rese possibili dalla solidarietà. Pacifici nel 1986, anno del disastro di Cernobyl, era un rampante giovane comunista che veniva mandato a Mosca a studiare per assumere le responsabilità nel partito. Un giorno un gruppo di medici lo invita a visitare un ospedale. Era rischioso andarci, ma lui aggira i controlli e si reca nel reparto dove erano ricoverati i bambini colpiti dalle radiazioni. E questo basta per cambiargli la vita. Ritorna in Italia e cerca di fare qualcosa e casualmente trova un frate che sostiene il progetto. Pacifici nel frattempo, attratto dal vangelo, è cacciato dal partito, ma lui ha conosciuto il Signore e inizia a camminare sulle strade della fede e a realizzare un’opera di accoglienza che continua fino ad oggi. Guarda che la vita è abitata dal mistero non solo dalle logiche del partito. Lasciati interrogare, lasciati condurre. Per questo Paolo dice a Timoteo, suo collaboratore: Ti scongiuro di ravvivare il dono che è in te.

2.    Poi la fede aumenta accogliendo la sorpresa dell’impossibile. «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe». La fede smuove, scalza, sposta. Anche quel che sembra cementato. Però bisogna attivarla. Potreste dire. Se taci non succede niente. La fede deve avere il coraggio dell’iniziativa, l’audacia di giocarsi. Prova a vedere su quale impossibile il Signore ti vuole sorprendere. Pensate al gesto compiuto dal presidente palestinese Abu Mazen che ha voluto partecipare ai funerali di Shimon Peres. Nonostante le critiche di Hamas che ha indetto un giorno di rabbia per tale partecipazione, Abu Mazen ha stretto la mano al premier israeliano Benjamin Netanyahu. È da cinque anni che i due non si riuniscono per un negoziato. Anche noi a volte chiudiamo i negoziati. La fede è la loro riapertura, anche quando l’altro ti sembra un nemico. Al nostro orgoglio, alla nostra volontà di dominio, alla nostra cattiveria dovremmo dire così: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”. La fede può provocare l’impossibile. 

3.    Infine la fede non cerca meriti né ricompense. La parabola dei servi inutili ce lo fa capire. Quella parola non vuol dire che essi non svolgano un servizio prezioso. Il senso è un altro: quel servizio non dà diritto a utili, a una remunerazione. Dov’è allora il vantaggio di credere? È nell’essere parte di una realtà, nel contribuirvi mettendosi a servizio, nell’arricchire il mondo di Dio con la propria partecipazione. Come se ti capitasse di giocare insieme al tuo calciatore preferito. Non vai a chiedergli la paga. Quella partita era la paga! Mi hanno fatto riflettere ieri sera i volontari che si occupano dell’Alzheimer. Hanno descritto quel mondo in uno spettacolo con attenta precisione, anche con ironia. Ma in tutti loro emergeva anche una grande tenerezza per coloro che assistono. Questa è la partita di Dio e quando sei in campo, non hai bisogno di altre paghe perché già appartieni al regno dei cieli. Per quello che fai, per l’amore che ci matti, per lo stipendio che non hai.

Ecco la fede. Non è un po’ di vernice sulla cornice della vita. È il dipinto che realizziamo giorno per giorno. Con tenacia, creatività, disponibilità all’azione di Dio.  


1 commento:

  1. ... e quando sembra che quel granello si secchi, ecco che una pioggia divina lo rinvigorisce e lo fa germogliare ... grazie per questa omelia

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