sabato 5 marzo 2016

Omelia 28 febbraio 2016


Terza domenica di Quaresima


Sei al bar, qualcuno prende in mano il giornale e commenta con gli altri le notizie del giorno. Capita anche a Gesù: alcuni, sfogliano la Gazzetta di Gerusalemme e riportano due fatti che dovevano aver turbato non poco l’opinione pubblica della città. Una rivolta sedata dal procuratore romano con la violenza e parecchio spargimento di sangue. E una torre rovinosamente crollata che travolge diciotto persone.

E i commenti del bar sono: se le cose sono andate così è intervenuta la giustizia divina. Noi non sappiamo perché ma Dio ha punito i peccatori.

Gesù prende le distanze da questa mentalità: Dio non produce disgrazie e non distribuisce castighi alla gente. Correggi la tua idea di Dio: lui non è il giustiziere dell’universo. Gesù però approfitta di questi fatti per lanciare anche un altro messaggio ai suoi discepoli. 

1.    Se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo. Significa: ricordatevi che il mondo è soggetto a limiti, a condizionamenti, a pericoli. Il mondo però è anche affidato alla vostra responsabilità. Smettete di andare in cerca delle colpe altrui e custodite con attenzione quello che vi è stato dato. Se non accogliete questa logica di partecipazione e di solidarietà perirete tutti. Pensate a tutte le volte che diciamo: “È colpa di…, le cose vanno male per colpa di…”. E non ci rendiamo conto delle complicità che viviamo. Come i dipendenti del Comune di San Remo che scrivevano messaggi in rete contro i politici corrotti e loro andavano in canoa o a fare la spesa durante l’orario di lavoro. Pensate anche all’utilizzo astuto della legge 104 che prevede la flessibilità nell’orario di lavoro per assistere un famigliare disabile. E allora l’Italia si trasforma nel buon samaritano. Peccato che l’assistenza sia soprattutto quella che dai a te stesso, a un secondo lavoro, con la complicità di quelli che si comportano alla stessa maniera e di organizzazioni sindacali che sistematica-mente coprono il lavoratore. E le aziende vanno in palla. Perirete tutti allo stesso modo. Attiva la responsabilità e non cercare colpe altrui. 

2.    A questo monito corrisponde l’immagine del fico sterile. Se c’è una pianta che in Palestina è particolarmente carica di frutti è proprio il fico. Come ci può essere un fico improduttivo? Ti vien voglia di tagliarlo. Ecco, sembra dirci Gesù: prova a verificare la pianta della tua vita: solo foglie o anche frutti? Ieri un papà e una mamma che sono venuti per il battesimo della loro bambina mi hanno raccontato le difficoltà con cui si sono misurati nel mondo del lavoro per questa nuova nascita. Sei sicuro? Hai pensato all’età? Quali conseguenze professionali, per la tua carriera? Un altro: ce la fate? E sono stato colpito dalle parole del papà: «La vera eredità che lasci ai tuoi figli sono i loro fratelli». Ecco, mentre un mondo incoraggia la sterilità e cerca gestazioni surrogate c’è qualcuno che non si arrende e cerca una vita piena di vita! Sconfiggi la logica della sterilità, non ti rassegnare mai. 
3.    Ma in questa esigenza Dio dice anche una parola di pazienza. È quella di quell’agricoltore che afferma: «Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno». Quell’agricoltore è Gesù che ci conosce bene e sa che c’è bisogno di arieggiare il terreno, di spaccare la crosta che talvolta il tempo crea. E allora questo significa che le speranza di trasforma-zione non muore mai. Dio fa il tifo per te e pensa alla tua parte migliore. È quello che ha detto papa Francesco ai ragazzi della comunità di recupero di Castelgandolfo che è andato a visitare venerdì: «Non lasciatevi divorare dalla metastasi della droga». Ecco, zappa nelle zone della tua aridità, della tua e di quella altrui e lascia che la tua vita porti dei frutti. Non lo leggeremo nel giornale, non lo sentiremo nei commenti del bar, ma forse sarà una vita migliore, capace di darti un po’ di gioia in più e di credere che tu a questo mondo ci sei venuto per qualcosa.


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