Terza
domenica di Quaresima
Sei al bar, qualcuno prende in mano il
giornale e commenta con gli altri le notizie del giorno. Capita anche a Gesù:
alcuni, sfogliano la Gazzetta di Gerusalemme e riportano due fatti che dovevano
aver turbato non poco l’opinione pubblica della città. Una rivolta sedata dal
procuratore romano con la violenza e parecchio spargimento di sangue. E una
torre rovinosamente crollata che travolge diciotto persone.
E i commenti del bar sono: se le cose sono
andate così è intervenuta la giustizia divina. Noi non sappiamo perché ma Dio
ha punito i peccatori.
Gesù prende le distanze da questa mentalità:
Dio non produce disgrazie e non distribuisce castighi alla gente. Correggi la
tua idea di Dio: lui non è il giustiziere dell’universo. Gesù però approfitta
di questi fatti per lanciare anche un altro messaggio ai suoi discepoli.
1.
Se
non vi convertite perirete tutti allo stesso modo.
Significa: ricordatevi che il mondo è soggetto a limiti, a condizionamenti, a
pericoli. Il mondo però è anche affidato alla vostra responsabilità. Smettete
di andare in cerca delle colpe altrui e custodite con attenzione quello che vi
è stato dato. Se non accogliete questa logica di partecipazione e di
solidarietà perirete tutti. Pensate a tutte le volte che diciamo: “È colpa di…,
le cose vanno male per colpa di…”. E non ci rendiamo conto delle complicità che
viviamo. Come i dipendenti del Comune di San Remo che scrivevano messaggi in
rete contro i politici corrotti e loro andavano in canoa o a fare la spesa durante
l’orario di lavoro. Pensate anche all’utilizzo astuto della legge 104 che
prevede la flessibilità nell’orario di lavoro per assistere un famigliare
disabile. E allora l’Italia si trasforma nel buon samaritano. Peccato che
l’assistenza sia soprattutto quella che dai a te stesso, a un secondo lavoro,
con la complicità di quelli che si comportano alla stessa maniera e di
organizzazioni sindacali che sistematica-mente coprono il lavoratore. E le
aziende vanno in palla. Perirete tutti
allo stesso modo. Attiva la responsabilità e non cercare colpe altrui.
2.
A questo monito corrisponde l’immagine
del fico sterile. Se c’è una pianta che in Palestina è particolarmente carica
di frutti è proprio il fico. Come ci può essere un fico improduttivo? Ti vien
voglia di tagliarlo. Ecco, sembra dirci Gesù: prova a verificare la pianta
della tua vita: solo foglie o anche frutti? Ieri un papà e una mamma che sono
venuti per il battesimo della loro bambina mi hanno raccontato le difficoltà
con cui si sono misurati nel mondo del lavoro per questa nuova nascita. Sei
sicuro? Hai pensato all’età? Quali conseguenze professionali, per la tua
carriera? Un altro: ce la fate? E sono stato colpito dalle parole del papà: «La
vera eredità che lasci ai tuoi figli sono i loro fratelli». Ecco, mentre un
mondo incoraggia la sterilità e cerca gestazioni surrogate c’è qualcuno che non
si arrende e cerca una vita piena di vita! Sconfiggi la logica della sterilità,
non ti rassegnare mai.
3. Ma
in questa esigenza Dio dice anche una parola di pazienza. È quella di
quell’agricoltore che afferma: «Padrone,
lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno». Quell’agricoltore
è Gesù che ci conosce bene e sa che c’è bisogno di arieggiare il terreno, di
spaccare la crosta che talvolta il tempo crea. E allora questo significa che le
speranza di trasforma-zione non muore mai. Dio fa il tifo per te e pensa alla
tua parte migliore. È quello che ha detto papa Francesco ai ragazzi della
comunità di recupero di Castelgandolfo che è andato a visitare venerdì: «Non lasciatevi divorare dalla metastasi
della droga». Ecco, zappa nelle zone della tua aridità, della tua e di
quella altrui e lascia che la tua vita porti dei frutti. Non lo leggeremo nel
giornale, non lo sentiremo nei commenti del bar, ma forse sarà una vita
migliore, capace di darti un po’ di gioia in più e di credere che tu a questo
mondo ci sei venuto per qualcosa.
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