domenica 12 luglio 2015

Omelia 12 luglio 2015


Quindicesima domenica del T. O.

Uscire. È una parola che oggi ci affascina. Problema è che la usiamo prevalentemente come moto da luogo. Uscire da. Uscire dall’euro. Uscire da facebook. Uscire da un partito, da una condizione opprimente. Anche il cristiano è un uomo in uscita, così ha ribadito papa Francesco. Ma l’uscita cristiana insiste più su ciò che cerchi che su ciò che lasci. Andare verso, raggiungere, sentire l’appello dell’altro e delle situazioni. Moto a luogo.

Gesù incoraggia oggi tale movimento, spinge i suoi discepoli all’uscita: li invita a guardare l’orizzonte sognando il mondo con gli occhi di Dio. Quale uscita Gesù ha in mente?

1.    Anzitutto un’uscita fatta di relazione. Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due. L’uscita di Gesù non avviene in solitudine ma nell’affermazione di una fraternità imprescindibile. Non puoi essere testimone della bellezza di Dio se cammini da solo, per conto tuo. Il Dio cristiano è relazione continua e profondissima di tre persone e in tale relazione invita tutti gli uomini. Relazione non è dunque una strategia operativa, ma un segno che ci si può volere bene anche se si è differenti, andar d’accordo anche se viviamo diverse appartenenze. È nella concordia che dai la prima testimonianza. Qual è il due a due che hai perduto? Qual è il fratello da ritrovare? Sempre. 

2.    Un secondo aspetto è l’essenzialità. La missione deve affermare qual è la tua vera ricchezza. Né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. Attento che non sia il denaro il tuo Dio, i beni materiali, le sicurezze economiche, gli status symbol. E questo stile è da portare a casa non solo nelle chiese o negli oratori. Dovunque entriate in una casa. Sii costruttore di bellezza evangelica in famiglia, con i tuoi figli, con tua moglie, con tuo marito.  Un papà che ieri è venuto in canonica e oggi sarebbe partito per le ferie mi ha detto: «Tante di quelle valigie che avremmo fatto prima a portarci dietro la casa!». Non è che in questo tempo estivo la vacanza possa servirci per trovare qualcosa di essenziale rispetto al superfluo? La bellezza di stare insieme, di osservare un panorama, di parlarsi. Dio non si nasconde nella potenza dei mezzi, ma nella vita di chi gli dà fiducia e lo lascia agire.

3.    Un ultimo aspetto è legato all’accoglienza del popolo in uscita. Perché qualcuno può aprirti le porte, qualcun altro può farne a meno. E qui Gesù suggerisce un gesto: Scuotete la polvere sotto i vostri piedi. Era quello che facevano gli Ebrei della diaspora quando tornavano in Palestina, per non contaminare la loro terra. Non è un gesto di ostilità, ma un gesto di verità: fai vedere che c’è un’altra terra da abitare. La terra di Dio, del suo Regno.  In questi giorni in camposcuola è successo un fatto spiacevole. Gara di bestemmie. Chiaramente siamo intervenuti con una certa fermezza. Ma quello che mi ha fatto più male non è stato il comportamento assurdo dei ragazzi, che peraltro hanno compreso la gravità dei fatti, quanto quello di alcuni adulti che si sono stupiti dell’eco che abbiamo dato alla questione. Come se il problema non fosse così rilevante. Ecco: che terra abiti? La tua missione cosa indica? Terra di compromessi, di sabbie mobili o la terra santa dell’incontro con Dio?

Non ero profeta né figlio di profeta, confessa Amos. Il Signore mi ha scelto. Se il Signore ti ha scelto, ricorda che gli appartieni. Non seppellire il dono che ti affida e portalo agli altri con una testimonianza gioiosa e un’uscita convincente.

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