sabato 19 ottobre 2013

Omelia 20 ottobre 2013

Ventinovesima domenica del T. O.

Federico Ozanam, il fondatore delle Conferenze di San Vincenzo, in preda ad una grossa crisi mistica, entra in una chiesa e, dopo qualche tempo, nell'oscurità riconosce A. M. Ampère, il grande fisico e matematico francese. Uscito di chiesa l'aspetta e gli pone una domanda: "Professore, è possibile essere così grande e pregare ancora?". E lui, uomo che aveva viaggiato ai confini dell'elettromagnetismo e dell'elettrodinamica, rispose: "Io sono grande solo quando prego". Ecco il senso della preghiera ed ecco perché Gesù incoraggi a pregare sempre, senza stancarsi. Perché solo così si mantiene la corretta misura della nostra umanità: da un lato ci ricordiamo che siamo piccoli e che non sono le nostre sorprendenti performances a decretare la riuscita della vita; dall’altro ci ricordiamo che siamo grandi, perché possediamo una sporgenza sull’assoluto che ci rende capaci di Dio, abitati dal suo stesso mistero. La Giornata missionaria mondiale ci aiuta a comprendere e a condividere questa persuasione e a scoprirne il sapore evangelico. La parabola della vedova e del giudice ci suggerisce il modo in cui Gesù intende la preghiera.

1.    Un primo aspetto è dato dalla ricerca della giustizia, termine che ritorna per ben quattro volte nel testo ascoltato. La giustizia è il modo con cui i rapporti umani vanno al di là dell’arbitrio e cercano una comprensione più grande. Che è quella che si dà un ordinamento civile, ma che è anche quella che appartiene a un ordine superiore. Dopo aver infatti usato per due volte il termine nella causa giudiziaria della donna, Gesù afferma: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Ecco: la preghiera ci consente di trovare sempre la giustizia più grande, il modo di vedere le cose di Dio. Perché anche i tribunali umani non sono l’ultima istanza. È un tema scottante per la scena politica del nostro paese, ma anche per i fatti capitati in questa settimana in relazione al caso Priebke. Da un lato quest’uomo che mai si è pentito di quello che ha fatto e che anche da morto sembra sfidare il mondo e i drammi della storia con l’avvallo di alcuni sconsiderati difensori, dall’altro le reazioni scomposte di chi ha finito per attribuire ulteriore forza mediatica a un congedo che doveva avvenire nel silenzio. Il caso Priebke ci rivela la longevità del male e l’esigenza di affrontarlo con una giustizia che nessun tribunale storico, per quanto necessario, riesce ad affermare. La preghiera ti consente di comprendere l’azione di Dio, per non dimenticare ma anche per non essere ulteriormente travolto dal male che si vorrebbe denunciare o combattere.

2.     Altro aspetto della preghiera è l’insistenza. La vedova è una delle categorie a rischio e molto probabilmente si rivolge al giudice per una causa di successione. Avendo perso il marito, lei non ha più nulla perché l’eredità viene incamerata dai parenti del defunto che non mancavano di fare regali ai giudici. La vedova non si rassegna, finché ad un certo punto il magistrato infastidito interviene. Conclude Gesù: se un funzionario corrotto riesce ad applicare la giustizia, non lo farà a maggior ragione Dio stesso? Non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? I suoi eletti sono là che gridano. Non perché Dio non capisca l’iniquità o i bisogni, ma perché la fede venga rafforzata. Infatti il vangelo si conclude con quella domanda inquietante: Il Figlio dell’Uomo, quando ritornerà troverà la fede sulla terra? La preghiera è il modo per ricordare che c’è qualcun altro che agisce e che, come dice altrove Gesù, senza di lui non possiamo far nulla. Mons. Franceschi, vescovo di Padova, molto provato dalla malattia, rileggeva così la sua vita: Pensavo fosse fede, ma era solo buona salute. La preghiera talvolta non modifica le situazioni drammatiche della vita, ma trasforma noi, riconsegnandoci alla nostra verità e alla verità di Dio che per primo ha affrontato la croce. Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. “Dio non esaudisce le nostre richieste ma le sue promesse” (Bonhoeffer) .

3.    Infine la preghiera è esperienza personale e condivisa. Se l’immagine della vedova suggerisce il primo aspetto, la vicenda di Mosè, le cui braccia sono sostenute da Aronne e Cur, ci dicono il legame con gli altri. Personalmente impara a darti tempi di preghiera e ad essere fedele. Ma condividi le opportunità perché la preghiera è una battaglia che si combatte insieme. Pensa alla battaglia che sostiene un ragazzo per diventare grande. Amalek talvolta è questa società vuota di Dio e paga del proprio niente. Amalek in altri casi è la sensazione di bastare a se stessi. Sostenere le braccia vuol dire insegnare a dubitare delle pretese di onnipotenza terrena, vuol indicare un riferimento su cui contare, vuol dire anche consegnare una speranza quando le speranze umane sono insufficienti. Ecco la Giornata Missionaria. Vuol dire aprire nel cuore di ogni uomo un varco di assoluto. E così si diventa grandi. Ma non solo di statura, proprio come diceva Ampère.
Pregare sempre, senza stancarsi. Non è un precetto ma un’opportunità. Di diventare uomini e di continuare ad esserlo.

Nessun commento:

Posta un commento