domenica 4 agosto 2013

Omelia 4 agosto 2013

Diciottesima domenica del T. O.

Un'eredità, un funerale e una coltellata davanti alla salma di un'anziana vedova appena morta. E un'intera famiglia divisa tra ospedale e caserma dei carabinieri. Il fatto è avvenuto a Tivoli, vicino a Roma a fine giugno, per una questione di eredità. Una delle vicende che mina alle radici i rapporti fraterni e familiari è quella della successione. Problemi di oggi e problemi di sempre, dato che anche Gesù viene interpellato per una situazione analoga. Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità. Secondo la normativa vigente al fratello maggiore spettava la parte prevalente del patrimonio per custodire il nome della famiglia. Qui molto probabilmente c’è un fratello minore che vuole affermare i suoi diritti. E il tono perentorio di questo giovane non lascia intendere alcuna possibilità di deroga. Di’ a  mio fratello che divida. È riconosciuta la fraternità ma limitatamente ai vincoli di legge, alle divisioni. È quello con cui anche oggi ci misuriamo: genitori che vorrebbero che le cose andassero in un certo modo, che fosse custodito un certo senso familiare, che fossero garantiti figli più deboli e invece si assiste alla rivendicazione meticolosa e feroce del diritto individuale. Gesù reagisce a questo modo di fare: Chi mi ha costituito giudice e mediatore? Gesù non si presta come facevano i rabbini del tempo a dirimere la questione da un punto di vista giuridico ma porta i suoi interlocutori ad una comprensione più ampia. Perché? Perché non è detto che la giustizia sia sempre la cosa più giusta, né che una possibile sentenza risolva le tensioni. Anzi, sappiamo bene che quando le cause di successione giungono in tribunale non ci si parla e ci si odia per il resto della vita. Si voleva dividere il patrimonio e si è divisa la famiglia.
Gesù va alla causa di questa situazione mettendo in evidenza il problema di fondo, l’inganno della ricchezza: anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede. Tenetevi lontani da ogni cupidigia. E la parabola chiarisce il senso di quanto sta dicendo.

1.    Il racconto ci presenta anzitutto un uomo ricco cui gli affari vanno bene. A ricchezza si aggiunge ricchezza. Buona cosa la prosperità economica. Ma ecco il primo inganno: egli ragionava tra sé. Tra sé. La ricchezza ti chiude agli altri, ai loro appelli, ai loro consigli, al loro affetto e rimani prigioniero di te stesso. Ragioni solo in prima persona singolare. Farò, demolirò, costruirò, raccoglierò, dirò… E gli altri dove sono? A volte un impero finanziario può trasformarsi in un impero di solitudine. A volte perché chi ti cerca non cerca te, ma i tuoi soldi. A volte perche tu hai questa impressione: smetti di cercare, di voler bene, di lasciarti raggiungere e interpellare complice il sospetto che l’altro agisca sempre per interesse e sia una minaccia da controllare e da allontanare. Ritrova la ricchezza dell’altro, unica possibilità perché anche la vera ricchezza della vita sia rivelata.

2.    Secondo inganno è l’articolazione della riflessione al futuro. Non solo per le cose da fare, ma anche per le gioie che ne potrebbero derivare: Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Chissà se arriverà mai questo “poi” in mezzo a tanta frenesia imprenditoriale! Per questo Dante raffigura gli avari con un masso da spingere in una perenne salita! Perché, anche ammesso che quel “poi” si potesse realizzare tra festini e godimenti, esso non riesce mai a colmare le prospettive assolute della vita: “molti beni” ma non il “bene”, per “molti anni” ma non l’eterno. Ecco l’inganno sul futuro: non ne hai calcolato la misura ulteriore e non ti sei reso conto che i giorni sono appesi a un filo: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?». Vanità delle vanità dice Qoelet. Quella parola [hebel] in ebraico indica la nebbiolina del mattino velocemente dissolta dal sole. Attenzione a non affidare al vuoto la tua vita, a scambiare vacue promesse con la felicità che cerchi. Quello che hai preparato di chi sarà? E tu di chi sarai?

3.    Gesù conclude la parabola dicendo: Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Il terzo inganno è nella mancata diversificazione degli investimenti. Hai investito unicamente sui mercati terreni, ti sei dimenticato della borsa del regno dei cieli! Il ricco era impegnato a costruire granai e ha dimenticato di costruire la dimora eterna, quella che solo l’amore può edificare, perché è l’unica realtà che supera la barriera della morte. Il fallimento di quest’uomo non è avvenuto per le sue ricchezze, ma perché esse hanno preso il posto degli altri e l’amore si è trasformato in bramosia. 
Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità.
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. La nostra vita è tra terra e cielo e solo se non perdiamo di vista l’orizzonte ultimo l’esistenza sta in piedi. Anzi essa diventa un’esistenza di cielo e l’eredità non una lite tra fratelli, ma la condivisione di un comune destino.

Nessun commento:

Posta un commento