sabato 3 agosto 2013

Omelia 21 luglio 2013

Sedicesima domenica del T. O.

Ogni esperienza religiosa, mediante i luoghi cari alle sue origini, trova la comprensione della propria identità. La Mecca, città natale di Maometto, il luogo del grande pellegrinaggio di ogni musulmano dice un’esperienza di esclusività: non puoi accedere ad Allah se non professando l’Islam. Varanasi, città sacra indù, è invece l’unico posto della terra in cui gli dei permettono agli uomini di sfuggire al all'eterno ciclo di morte e rinascita e sulle rive del Gange che attraversa la città i riti mattutini di abluzione sanciscono questo privilegio.
Immaginate i cristiani che hanno iniziato a raccontare la vicenda della loro fede a partire dai luoghi frequentati da Gesù. Nessuna sacralità, nessuna esclusività, ma un Dio ospite e pellegrino che percorreva le strade degli uomini e che viveva della loro amicizia, come a Betania, in casa di Lazzaro, Marta e Maria. “Per incontrarmi – dice Dio - non ti serve un fiume, né un viaggio faticoso: mi basta che mi apri le porte della tua casa e mi dedichi un po’ del tuo tempo per stare con me”.
Ecco, il punto è proprio questo: stare con il Signore. Questo verbo ci inquieta, tanto da sostituirlo con altri più rassicuranti, anche se più onerosi: fare, servire, professare, tributare, produrre. È la sindrome di Marta, tutta presa dai molti servizi, esatto contrario di sua sorella che, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Come ospitare dunque Gesù a casa nostra? Quando Betania comincia a rinnovare il nostro rapporto con Dio? 

1.    Betania è anzitutto il superamento dei preconcetti. Che una donna potesse mettersi in ascolto di un rabbi di Israele era, al tempo di Gesù, un atteggiamento inconcepibile e sconveniente. Meglio bruciare la Bibbia che metterla in mano a una donna, dicevano i rabbini del tempo. E invece l’evangelista, oltre a non dirci nulla della presenza di Lazzaro, precisa che una donna di nome Marta lo ospita in casa e sua sorella di nome Maria è seduta in ascolto ai piedi del maestro, proprio come avveniva nelle scuole rabbiniche riservate unicamente ai maschi. A volte anche noi leghiamo la presenza e la rivelazione di Dio ad alcune circostanze o persone ritenute idonee ad accoglierne la manifestazione. Invece Dio scavalca questi preconcetti e chiede di essere ospitato nel quotidiano come amicizia che accompagna e condivide la vita, come presenza che sorprende, com’è capitato ad Abramo nell’ora più calda del giorno, quando sembra impossibile che qualcuno si prenda la briga di visitare qualcun altro. Pensate a quando non vogliamo andare a messa perché siamo stanchi o infastiditi e ci pare di andare per niente. Per Dio non è mai “per niente”. È “per te” e per esserti accanto anche quando ti sembra impossibile: a che servono altrimenti gli amici?

2.    Ma incontrare Gesù non vuol dire solo aprirgli la porta. Vuol dire anche stare con lui, perché c’è sempre in agguato il rischio di essere presi dal turbinio delle cose da fare. È il rischio di Marta. Mentre Maria è seduta ai piedi di Gesù nell’atteggiamento della disponibilità e dell’ascolto, Marta è presa dai molti servizi. Notate che il termine è diakonia, parola importante nella chiesa, da cui derivano una serie di responsabilità. Ma ci può essere un servizio che perde il suo orientamento e diventa un girare a vuoto. Facciamo tante cose per Dio ma abbiamo smesso di ascoltarlo. Non solo nella chiesa e nella pastorale delle nostre parrocchie, ma anche nella diakonia familiare. Quante cose ad esempio si fanno per i figli, ma a un figlio che ci vede dribblare il nostro quotidiano e a un figlio che presto ci imiterà e ci supererà in tale follia, stiamo facendo un servizio? Se far nascere non è solo dare alla luce, ma dare una luce, quale luce stiamo consegnando a un ragazzo che cresce? Marta, Marta tu ti affanni e ti agiti per molte cose. Di una sola c’è bisogno. Mettiti in ascolto di Dio, lascia che metta un po’ di ordine nella tua agitazione.

3.    Ma come trovare ordine? Dall’ascolto bisogna passare ad una seconda operazione: scegliere la parte buona, come Maria. Non basta ascoltare, bisogna decidersi, porre dei segni in controtendenza che dicano la novità che Dio ha portato alla tua vita. Se Gesù non ci scomoda dalle nostre posizioni, che ce ne facciamo di tale amicizia? Grandi polemiche in questi giorni perché la Rai non trasmetterà Miss Italia e soprattutto per le parole della Boldrini che se ne compiace. A parte che la logica di Miss Italia è ormai ben più che il noto concorso, ma con tutto ciò che sta succedendo nel mondo, qual è la parte buona che vogliamo ricercare e indicare? Tre misure anatomiche o la certezza di essere grandi per la coscienza di essere vere? Maria ha scelto la parte buona e per questo non le viene tolta. Non tutto rimane e se non ti leghi a ciò che è solido, rischi di passare velocemente anche tu e di esserne travolto. Marta e Maria sono compagne di viaggio. Ci dicono di non rinunciare alla vita, ma anche di non dimenticare di caricarla di senso e di aprirla all’assoluto di un Dio amico degli uomini.

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