sabato 22 settembre 2012

Omelia 23 settembre 2012

Venticinquesima domenica del T. O.

Ogni tanto capita: un allenatore, un cantante, un premier, un critico d’arte, un capo settore, un sindaco: “Io sono il migliore”. È un’estensione dell’io per cui una persona tende a collocare se stessa su un ideale piedistallo di perfezione e a rivendicare una certa grandezza agli occhi del mondo. Proprio come i discepoli di Gesù che lungo la via discutevano su chi fosse il più grande. Un discorso che deve averli animati parecchio, tanto che Gesù se ne accorge e riprende con loro la questione. Di che cosa stavate discutendo lungo la strada? Una domanda che imbarazza i discepoli, messi a nudo nelle loro ambizioni.

1.    È proprio questo l’aspetto su cui iniziamo a riflettere. I cristiani non sono esenti da sogni di grandezza. Per quanto siamo consapevoli di essere i discepoli di colui che ci invita a prendere la croce, la tentazione di servirci della croce anziché di portarla è sempre in agguato. Gesù non rimprovera i discepoli, anzi riapre per loro il cammino con lui. Ma li invita ad essere consapevoli di quel fermento velenoso che talvolta anima l’esistenza, le carriere, i rapporti con i colleghi di lavoro, i confronti tra fratelli, le relazioni nella comunità cristiana. La consolidante persuasione di essere i migliori può avvenire in due modi: o prendendo tutte le occasioni di arrampicata, talora anche spericolata, o bloccando e respingendo l’affermazione degli altri. Nel primo caso siamo insoddisfatti: la vita sta sempre oltre; diventa ansia e rincorsa perché l’io ipertrofico non è mai appagato. Nel secondo siamo sempre sospettosi: l’altro diviene una minaccia e diventiamo distruttivi. Pensate ai giudizi svalutativi e canzonatori che talvolta esprimiamo. Di che cosa stavate discutendo lungo la strada? La nostra strada a volte percorre logiche che tradiscono il vangelo e sono fatte di mondo.

2.    Gesù riprende con pazienza le sue indicazioni: poco prima aveva parlato della necessità di portare la croce, ora ne chiarisce il significato: «Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». La grandezza cristiana sta verso la fine della classifica perché quando sei sopra in realtà c’è sempre qualcuno che ti limita, che ti taglia la strada, che ti impedisce di diventare grande come vorresti. E se non c’è qualcuno, c’è qualcosa: c’è la tua ambizione, c’è il tuo orgoglio che ti conducono in una sorta di circolo vizioso in cui ti perdi. Vuoi essere grande e invece sei piccolo, a volte molto piccolo! Viceversa, se ti metti all’ultimo posto e indossi il grembiule del servizio, c’è spazio per crescere: primo perché quei posti non hanno molti concorrenti, secondo perché l’energia dell’amore non è quella dell’ambizione e non ti toglie la vita. Pensate ai fatti di questi giorni che per l’ennesima volta ci restituiscono il volto di una politica che mai vorremmo vedere. La disinvolta gestione del denaro pubblico da parte di alcuni politici e amministratori, ci pone di fronte ad una logica clientelare dalla quale non riusciamo ad uscire. Denaro pubblico che consolida la propria posizione e consente di custodire il favore di chi ti sostiene a destra e a sinistra Di fronte a questo scenario avvertiamo l’attualità delle parole di Gesù e il bisogno di una politica che sia a servizio del Paese e non che di esso si serva. Un politico che diventi grande perché ha promosso l’uomo e il bene comune e non i privilegi di una cerchia.

3.    E infine Gesù addita le misure della grandezza, indicando un bambino: Chi accoglie uno solo di questi bambini accoglie me. Se vuoi essere grande, ogni tanto abbraccia un bambino perché ti aiuta a capire tante cose: ti aiuta a capire che la vita, anche nella più grande intraprendenza, rimane sempre dipendenza; ti aiuta a capire che la tua vita cresce se cresce la sua, ti aiuta a capire che non vale solo l’efficienza, ma anche la tenerezza e il sorriso. E ti aiuta a capire che quelle stesse dinamiche che vivi con lui le puoi attivare con tutti i piccoli e i poveri della terra. E allora diventi grande, non perché sei a capo di un impero finanziario ma perché sei diventato uomo secondo le misure di Gesù e un po’ più somigliante a lui. Chi accoglie uno di questi bambini, accoglie me…

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