sabato 24 marzo 2012

Omelia 18 marzo 2012

Quarta domenica di Quaresima

Ha meno di quarant'anni, la sua azienda del settore dell'edilizia, in un Comune della destra Piave, è in mano a banche ed Equitalia. E ha tentato di togliersi la vita. Una vicenda che preoccupa e che non sembra un caso isolato tanto che Confartigianato ha istituito uno sportello per cercare di aiutare, dal punto di vista tecnico e psicologico, gli imprenditori in seria difficoltà. Anche, e soprattutto, allo scopo di evitare gesti estremi.
A volte vivere sulla scena del mondo non è facile, specie per chi nel mondo ci crede, vuole recare con responsabilità il proprio contributo, senza fughe e senza sotterfugi. E non sono pochi gli imprenditori che lo stanno facendo, cercando di salvare la loro azienda e i posti di lavoro. Il cristiano non si isola da queste vicende: le segue con attenzione, ma non perché sia superman, ma perché sa che c’è un Dio coinvolto sulla scena del mondo, un Dio che, come dice Gesù, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Ecco la bella notizia che Gesù ricorda ad ogni uomo, ad ogni Nicodemo che nel cuore della notte si reca da lui. Ma, accolta questa notizia, c’è una responsabilità da vivere. Su tre fronti.

1.    Chi crede in lui ha la vita eterna. Il primo atteggiamento è quello che ti porta a fidarti di Gesù persuaso che chi crede in lui non va perduto ma ha la vita eterna. In questi giorni Flavio Insinna, noto attore e uomo di spettacolo, ha presentato un libro in cui racconta i momenti dolorosi della scomparsa di suo padre. «Quando mio padre è morto sono rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato». E, in questa situazione, l’aiuto che gli è venuto dalla fede: «Davanti a una prova come la morte, la fede può vacillare… E sono riuscito a resistere… Se pensassi di essere tradito dalla mia luce più forte che è la mia fede cattolica, sarei nel deserto. Nel Padre Nostro diciamo “sia fatta la tua volontà”: e io mi piego, sbando, però mi sforzo di restare appigliato con testardaggine». E Insinna ricorda che tale fede era anche di suo padre: un credente che ha aiutato suo figlio a diventare tale. Ecco perché possiamo muoverci nel mondo: perché c’è un Dio affidabile che non ci perde e non si rassegna alla nostra perdita, neanche quando sopraggiungono le ombre della morte. La fede, pur debole e che in qualche circostanza fatica a dire “sia fatta la tua volontà”, è un regalo di Dio con il quale ci convince che l’oscurità non ha la meglio su di noi. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede.

2.    Su questo orizzonte comprendiamo la seconda responsabilità: quella di fuggire ad una condanna. Chi crede non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato. Non è Dio che condanna: Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi. La condanna è la tua vita vuota di lui, con la presunzione che vada bene ugualmente o che addirittura possa essere migliore. È il grande inganno creato da una certa mentalità che considera la fede come una restrizione delle possibilità di essere se stessi. “Lascia perdere la fede e divertiti, non lasciarti derubare della tua libertà”. Ma la fede non priva né della libertà né della felicità. Mi dà modo invece di affidare queste due dimensioni all’unico che le può custodire e arricchire. Pensate alla distanza che si sta creando nel dibattito che riguarda l’idea di famiglia, tra le posizioni cristiane e quelle di una certa matrice laicista e radicale. La cronaca della settimana è esemplare: una risoluzione del Parlamento europeo si è espressa contro le definizioni considerate “restrittive” del concetto di famiglia; poi l’auspicio espresso dalla Cassazione sulla trascrizione dei matrimoni gay. E per contro, la notizia del bimbo inglese affidato dai giudici a tre genitori omosessuali e la questione degli embrioni congelati e della loro possibile distruzione in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci in materia. Unioni gay, fecondazione: sono questioni su cui gli animi si accendono in opposizione alla fede e alla Chiesa. Ma si tratta di capire se la rivendicazione di libertà e felicità che in questo caso viene cavalcata, sia affermazione di un diritto di tutti e non solo di alcuni e non pesi invece come una condanna sul bambino che non è ancora nato e su quello che forse avrebbe bisogno di un padre e di una madre. Dio non condanna e conosce la fatica di gestire un sentimento omosessuale o l’attesa infinita di un figlio. Ma se Dio non condanna, non condannare nessuno neanche tu.

3.    E infine, Dio che ha tanto amato il mondo apre la ricerca di nuova luce per la vita. Chi fa la verità viene verso la luce. La verità è Gesù: se operi secondo il suo vangelo si diffonde una luce nuova per te e per gli altri. Per questo Dio ha dato suo Figlio, per rischiarare l’esistenza. Sono i tanti segni di vangelo che si aprono intorno a noi e ci fanno credere che si può vivere diversamente. Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, in questi giorni ha ricordato che in Sicilia c’è una tomba senza nome che appartiene secondo la logica mafiosa a chi collabora con le forze dell’ordine. Ma la tomba da temere, ha fatto capire, è quella dell’omertà, di chi non ha nome davanti a Dio e davanti agli altri, davanti alle giovani generazioni. Chi fa la verità viene alla luce. Dio ha dato il suo Figlio come verità perché sui suoi passi rinnoviamo l’esistenza, anche quando occorre il coraggio di esporsi e di prendere posizione. In questo mondo Dio continua a credere e questo mondo continua ad amare, perché ritroviamo vita vera. La sua.

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