Funerale Mirella Visentin (22 feb.
2023)
(1Re 19, 9-13 / Gv 19,
17-18.25-30)
Esci
e fermati alla presenza del Signore. Anche noi, come Elia, in
questi due mesi abbiamo cercato la presenza del Signore. L’abbiamo pregato per
Mirella, per la sua famiglia, per noi che a stento riuscivamo a capire e ancor
meno a rassegnarci a quanto stava accadendo. Avremmo voluto che il Signore, come
il vento, spazzasse via le nostre paure, l’incertezza del vivere, l’inquietudine
di fronte alla provvisorietà dei giorni. Ma il Signore non era nel vento.
Avremmo sopportato anche un terremoto se esso, facendo sobbalzare la terra,
avesse inghiottito un male subdolo e insidioso, nascosto in misure
infinitesimali, resistente a qualunque terapia. Ma il Signore non era nel
terremoto. Avremmo voluto che la nostra preghiera fosse come fuoco, come
quello delle tante candele che abbiamo acceso per Mirella, capace di ardere
della rassicurazione che Dio ci ascolta. Ma il Signore non era nel fuoco. Dio
ci dava appuntamento altrove, lontano dalla spettacolarità e dalle nostre
comprensibili attese. Dio apriva una strada differente, affidando le sue
risposte al sussurro di una brezza leggera. Quella brezza udendo la
quale Elia si coprì il volto. Perché non hai bisogno di vedere quando
sei avvolto dal mistero. E anche noi oggi, ci lasciamo raggiungere da questa
brezza ricca di Dio che discretamente scombina le nostre pretese e ci
suggerisce la presenza del cielo.
1. Brezza è l’esistenza discreta e pacata di Mirella. Mai chiassosa, mai esagerata, sempre improntata a gentilezza e semplicità. Brezza come quella che lei respirava in campagna, curando un piccolo appezzamento familiare, un mondo senza artifici che le piaceva e portava con sé, recando anche nell’ambiente di lavoro, in ospedale, i tratti della schiettezza e dell’essenzialità. Il malato al centro delle sue prestazioni, la difesa di una medicina fatta di prossimità e non solo di competenza, una cardiologia capace di intercettare anche i battiti segreti del cuore, quelli che onde e tracciati non sempre riescono a catturare. Mirella nel suo lavoro c’era fino in fondo, senza risparmio, con verità, franchezza nel dire le cose, disponibile a dare una mano, a scambiare un turno, a farsi carico anche di ciò che poteva fare chi subentrava nell’orario di servizio dopo di lei. E sapeva rassicurare, incoraggiare, sostenere, fosse un paziente del suo reparto o qualcuno che andava a trovarla a casa per un consiglio o per condividere una preoccupazione. Brezza non sempre legata a diagnosi, che continuava in famiglia e nel volontariato, con tempo ricco di confidenza e di premura dato ai suoi nipoti e con la disponibilità ad esserci anche nella sagra della Crocetta, per dare una mano e per stare un po’ insieme. La brezza di un quotidiano ricco di semplicità evangelica e di altruismo.
2. Ma la
brezza di Mirella era anche quella della sua fede tenace e operosa,
accompagnata da preghiera e costante partecipazione alla messa. Mai mancata,
fino allo scorso dicembre, perché quell’appuntamento condiviso con la mamma e la
zia sosteneva la sua settimana. Lei era poi capace di gesti dal sapore antico
come il pellegrinaggio che aveva fatto a piedi, fino alla Basilica del Santo lo
scorso anno. Siccome erano subentrati alcuni problemi di salute, aveva percorso
un primo tratto da Godego a Camposampiero. Poi era rientrata a casa e il giorno
dopo aveva coperto Camposampiero-Padova. La fede è una brezza buona che ti accompagna,
che dà senso ai tuoi giorni, che ti ricorda che nel cammino a volte articolato
della vita non sei da solo e che qualcuno ha cura di te. A cosa serve una
messa? A collegare la terra al cielo, a ritrovare lo sguardo di Dio, a
ricordare che Gesù è risorto e non sarà la morte a prevalere su di noi.
3. La
terza brezza è proprio questa. Quella che ha sospinto Mirella nei giorni
difficilissimi della sua malattia. Era il 18 dicembre, quarta domenica
d’avvento, come se anche l’attesa terrena fosse compiuta. Mirella era venuta alla
prima messa, poi a casa aveva allestito le luminarie natalizie e preparato i
regali. Ma il Natale che il Signore le preparava era un altro, nell’abbraccio
con lui e nella condivisione della sua passione. Perché sono stati giorni non
privi di sofferenza, di incertezza clinica, di terapie che non funzionavano.
Mirella era del mestiere e sapeva bene quello che stava succedendo. Mai però un
accenno di ribellione, di inquietudine, ma grande lucidità e compostezza tra
due riferimenti che l’hanno accompagnata nel grande viaggio: il Signore e la
sua famiglia, in particolare sua mamma Giulia che ogni giorno le è stata
accanto con un bene infinito. Mirella, che già si era confrontata a
diciott’anni con un tumore, diceva di aver vissuto due volte e che era il
momento di andarsene. E la vicinanza della mamma era forse la garanzia di una
nuova nascita che di lì a poco sarebbe avvenuta. Mamma, lasciami andare.
Mamma ti voglio bene. Mirella ha chiesto e ricevuto l’unzione degli infermi
e finché ha potuto ha fatto la comunione. E se ne è andata mentre la mamma
le stringeva la mano perché il Signore c’è allo stesso modo, nella mano di un
prete che ti unge di olio santo e nella mano di una madre che ti unge di
tenerezza. E quando capita una cosa del genere capisci che la brezza di Dio può
esserci anche nell’ultimo respiro della vita, perché esso è stranamente
somigliante a quello di Gesù, quello con cui si consegna al Padre dei cieli a
sua Madre e ai suoi discepoli sulla terra. Chinato il capo, consegnò lo
spirito. La brezza di Elia continua nella brezza dello Spirito, quello che fa nuove tutte le cose. Raccogliamo anche noi questa brezza buona. Sospinga Mirella
all’incontro con il Signore risorto, sia una carezza affettuosa e piena di
consolazione per i suoi cari, sia soffio di responsabilità per chi di Mirella
ha conosciuto l’impegno e la dedizione, sia invito alla speranza per tutti noi.
Addio cara Mirella ci ritroveremo un giorno..
RispondiEliminaGrazie Don Gerardo, riesci sempre a offrire spunti di riflessione e di speranza anche nelle situazioni più dolorose
RispondiEliminaSei stato grande come sempre con le vite spezzate giovanili sono commosso come fosse mia sorella grazie
RispondiEliminaNon ho potuto partecipare, ma questa Omelia messa a disposizione ,mi ha permesso di entrare nello Spirito della cerimonia celebrata . Grazie Don per prenderti cura e nel prepararla .
RispondiEliminaNon conoscevo il suo nome, non ho mai parlato con lei ma tutte le volte che ci incontravamo in cimitero per sistemare i fiori dei nostri cari, sentivo la sua brezza. I nostri occhi si cercavano e in silenzio si parlavano. Grazie Mirella R. I. P.
RispondiEliminaAnche nel grande dolore Don ha sempre le parole giuste per dare forza e rassegnazione
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