lunedì 6 agosto 2018

Omelia 5 luglio 2018


Diciottesima domenica del Tempo Ordinario

Prima di valutare se una risposta è esatta si deve valutare se la domanda è corretta. È un’affermazione di Immanuel Kant, noto filosofo tedesco che alle domande era abituato. E anche noi facciamo tante domande, ma non sempre chiare e opportune, non sempre coerenti con le situazioni che viviamo. Così accade anche alla gente che ha mangiato i pani e insegue Gesù nel tentativo di non lasciarselo scappare. Rabbi, quando sei venuto qua? Una domanda che non c’entra niente con quello che ha fatto Gesù e con quello che Gesù voleva far capire. Per questo Gesù risponde: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Che vuol dire: a voi interessa unicamente la pancia piena. Ma guardate che la vita non è solo pancia! Cercate il cibo che non perisce, ma quello che dura per la vita eterna. Qual è questo cibo di cui il Signore vuole che ci nutriamo? Il cibo è lui, è la vita che lui ha in mente. Ma per nutrirsi di quel cibo occorre imparare uno stile, un altro modo di …mangiare. E per questo le folle chiedono: Che cosa dobbiamo fare? Come possiamo accedere a questa risorsa di vita?

1.    Innanzitutto è un cibo che domanda la fede. «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Smetti di andare dietro a tutte le sciocchezze, le illusioni, le mode, la superficialità che occupa il divertimento, l’informazione e credi in Gesù e nel suo vangelo. Pensate al tempo che gli italiani hanno perso in questi mesi in una trasmissione dai densissimi contenuti umani, morali, famigliari (!): Temptation island. Uno share televisivo altissimo e, stranamente, tra i giovanissimi dai 15 ai 24 anni che normalmente sono i meno coinvolti dalla TV. Un brutto segnale che ci dice di che cosa ci nutriamo: di trasgressione, di invidia, di insidie, come se la pagina dell’amore umano potesse regalarci solo queste esperienze deteriori. E ci stupiamo perché la gente non si sposa. Credi che c’è un altro mondo, un altro modo per giocare la vita ed esserne nutriti. Non comportatevi più come i pagani, raccomandava Paolo. Il vangelo è quello di Gesù, non quello di Maria de Filippi.

2.    Il cibo di Dio ci viene dato col coraggio di accogliere la novità di Dio e di non rimanere imprigionati di un passato che non nutre più. La gente dice a Gesù: Tu vuoi darci il pane? Il pane lo ha dato Mosè ai padri nostri nel deserto: Diede loro un pane dal cielo. E Gesù che ribatte: In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. La mamma degli israeliti marciva il giorno dopo, perché dovevi fidarti ogni giorno di Dio. Tu trovi vita vera se la smetti di ancorarti ad un passato senza presente, ad una tradizione senza profezia, se la smetti di ritenerti cristiano solo perché sei nato in un paese con una storia cristiana, anche perché non è detto che quella fede sia ancora tale. Gli episodi contro gli stranieri che si sono sommati in questi giorni interrogano la nostra fede, non solo per quello di cui è capace qualche psicopatico o qualche giovane annoiato, ma per il clima di ostilità che qualche volta appartiene ai nostri discorsi, ai nostri post, alle battute. E chiesa, messa, comunione come se niente fosse! Quella comunione deve farti venire il singhiozzo perché è vuota di Dio. È pane raffermo di chi ha smesso di ascoltare il Signore e si è fatto un Dio a proprio uso e consumo. L’Italia non è cristiana per il pane di Mosè, ma per il pane che oggi riusciamo a spezzare.

3.    Infine il pane di Gesù lo ricevi se lo chiedi. «Signore, dacci sempre questo pane». Il Signore ci nutre se ci interfacciamo con lui, se abbiamo ancora qualcosa da domandargli. Oggi la difficoltà è il rifiuto degli interlocutori, anche di quell’interlocutore che è Dio, perché abbiamo la pretesa di bastare a noi stessi e di essere autosufficienti in tutto. Ci piacciono i self made man ma anche questo mito che ha segnato l’impresa degli anni ’90 sta lasciando il posto a idee più partecipate del successo imprenditoriale, che valorizzano il lavoro di squadra. E se in squadra mettessimo anche il Signore? Forse alcuni problemi li risolve meglio di noi. Forse su alcune cose dovremmo arrangiarci come sempre, ma un po’ di luce in più la porteremo a casa e anche la certezza che non siamo da soli, specie quando attraversiamo momenti di fatica e di oscurità. Signore, dacci sempre questo pane, fa’ che ti sentiamo accanto, fa che ancora ci nutriamo di te.

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